Andrea Sperelli, protagonista del romanzo Il piacere di Gabriele D’Annunzio è un individuo superficiale, cresciuto senza valori autentici, pronto a calpestare chiunque in nome di un edonismo fine a se stesso e a discapito di qualsiasi legge morale. Da ciò consegue, automaticamente, una riflessione sui valori su cui fondare la propria vita. Sicuramente i più importanti sono l’amore, la famiglia e l’amicizia. Da questi ricaviamo piacere, non si tratta però di un piacere “estetico”, finalizzato a se stesso, bensì di un qualcosa di più profondo, che riempie la nostra anima, che ci fa sentire bene con noi stessi. A livello più globale e non individuale, da buoni cittadini che abitano lo stesso pianeta, sarebbe opportuno che tutti avessimo un senso di fratellanza, di rispetto gli uni per gli altri e sarebbe piuttosto soddisfacente, anche se difficilmente realizzabile a causa di questioni politiche, economiche e religiose, stringerci la mano ed aiutarci nei momenti di difficoltà. Forse mai come ora c’è nel mondo l’esigenza di restare uniti per combattere un nemico comune, il “Covid-19” che, nonostante l’enorme distruzione che con sé sta portando, sta anche risvegliando un senso di patriottismo e di appartenenza comune. Ciò non accade solamente tra i cittadini di una stessa nazione, ma si è generato un clima di solidarietà globale. Infatti per esempio, proprio ieri sera a Dubai nel Burj Khalifa risplendeva la bandiera tricolore seguita dalla frase “Siamo con voi”, un gesto di grande rilievo, che mostra fratellanza. Per di più, personaggi famosi nei social hanno attivato raccolte fondi per aumentare i posti di terapia intensiva e per far sì che l’intero sistema sanitario non collassi; questo non è avvenuto solo da parte di italiani, ma anche da americani, asiatici… In aggiunta, medici cinesi sono sopraggiunti nel nostro Paese per aiutarci, per fronteggiare l’emergenza proprio come hanno fatto loro e per risollevarci. Il Sud Africa ci ha inviato mascherine e protezioni che ha usato quando nella sua Terra vi era l’emergenza dell’Ebola. Inoltre, in tutto il mondo gli scienziati sono uniti da uno scopo comune: trovare la cura per salvare le persone, abbattere un nemico comune. 

Ecco, tanti nel mondo si stanno occupando e preoccupando per noi, medici e infermieri lavorano senza sosta per salvarci la vita e noi, a nostra volta, dobbiamo aiutare a non peggiorare la situazione e lo dobbiamo fare, semplicemente, stando a casa. Dobbiamo far sì che non diventi vano l’immenso sforzo che stanno facendo, perché questa è una pandemia a cui non eravamo pronti ed è d’obbligo che ognuno faccia la sua parte. 

Inizialmente in pochi si rendevano conto della gravità della situazione, solo chi viveva l’esperienza da dentro, adesso però credo si sia giunti ad un senso di responsabilizzazione generale. Questo anche grazio all’aiuto di personaggi famosi che influenzano mediante i social quanti li seguono a rimanere a casa, non uscire e non frequentare luoghi affollati. Noto anche tra i miei coetanei una maggiore maturità nell’affrontare la situazione rispetto a qualche tempo fa, c’è consapevolezza di dover contribuire ad una grande impresa. 

Chiedo, in ultimo, a tutti quelli che si credono “superiori” andando a fare maratone in giro per la città tutti vicini, di arrivare a capire che non sono altro che degli irresponsabili e immaturi, perché c’è chi sta lottando per la vita di tutti, anche per la loro e questi non fanno altro che vanificare sforzi inimmaginabili. 

Concludo riportando parte del discorso tenuto dallo psicologo Morelli e invito tutti a riflettere: In una dimensione in cui le relazioni, la comunicazione, la socialità sono giocate prevalentemente nel "non-spazio" del virtuale, del social network, dandoci l'illusione della vicinanza, il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci, a distanza, nel freddo del non-contatto. Quanto abbiamo dato per scontato questi gesti ed il loro significato?

In una fase sociale in cui pensare al proprio orto è diventata la regola, il virus ci manda un messaggio chiaro: l'unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro.

Allora, se smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci. 

 

Lucia Grandoni, V C