Gli embrioni e le loro staminali: i diversi “valori” in gioco

Cos’è giusto considerare vita? Qual è il vero confine tra un grumo di cellule ed una vita umana? Fin dove la scienza può spingersi per aiutare l’umanità?

Queste sono domande che ci dovremmo porre quando ci accostiamo al tema delle cellule staminali, in particolare alle staminali embrionali, perché, all’interno di questa ricerca, ci dobbiamo anche chiedere quale sia il bene comune mettendo sul tavolo della discussione anche le possibili future vite in gioco.

Da ben trentaquattro anni, il Rapporto Warnock definisce “individuo biologico” un embrione dal quattordicesimo giorno in poi; questo Rapporto ha dato ufficialmente origine alla “Human Fertilisation and Embryology Act” del 1990 che disciplina il trattamento della fertilità umana e la sperimentazione con gli embrioni umani. Nella maggior parte dei Paesi che permettono la ricerca scientifica su questi “grumi di

Un embrione umano sei giorni dopo la                cellule" (l'Italia non rientra fra questi) è pienamente legittimo lavorare all'interno di

fecondazione. I trofoblasti sono evidenziati        questi tredici giorni. Questa decisione deriva anche da un reale limite tecnico, in 

in color violar magenta.                                          quanto nessun laboratorio era riuscito a mantenere in vita gli embrioni in vitro oltre

Gist Croft, Alessia Deglincerti, and Ali H.            sette-nove giorni. Tutto questo potrebbe incoraggiare la società a pensare che sia 

Brivanlou/The Rockefeller University                   lecito utilizzare degli embrioni per salvarne altri magari arrivati ad uno stadio più

                                                                                     avanzato di sviluppo.

A cosa porterebbe, però, tutto questo?

Per fare un poco di chiarezza ci vengono in aiuto due laboratori di ricerca, la Rockefeller University di New York e l’Università di Cambridge, che recentemente sono riusciti ad osservare in vitro lo sviluppo dell’embrione proprio in questi primi 13 giorni. Ciò è stato possibile anche grazie ai precedenti studi dei ricercatori di Cambridge, che sono riusciti a riprodurre in vitro la fase di impianto della blastocisti di topo. Queste ricerche, pubblicate sulle riviste Nature Cell Biology e Nature, hanno permesso di notare le differenze tra i modelli animali e gli embrioni umani per quanto riguarda la diversificazione delle linee cellulari, dalle quali dipende l’organizzazione dei tessuti, di capire che i processi biologici sono specie-specifici e dunque ora c’è la consapevolezza del fatto che quanto viene appreso nei modelli animali non è sufficiente a chiarire l’inizio della vita umana.

I due laboratori sono riusciti ad identificare le condizioni migliori e il substrato ottimale per permettere ad un embrione di sopravvivere fino al tredicesimo giorno e dunque sono riusciti anche ad osservare e analizzare il suo sviluppo.  Entrambi i laboratori hanno osservato che quello che alcuni definiscono tessuto o grumo di cellule è di fatto una realtà capace di auto-organizzarsi sin da subito anche senza input materni fino a 12 giorni dopo la fecondazione. L’inizio del “dialogo” con il corpo materno, quindi, ritenuto necessario per lo sviluppo embrionale a partire dal settimo giorno, può avvenire in una fase successiva. 

L’articolo di Nature si concentra sulle incredibili capacità della blastocisti, che sin da subito è in grado di diversificare e specificare il destino delle diverse cellule, stabilisce la generazione di tessuti extra embrionali e determina le condizioni di gravidanza. 

Questi studi mostrano chiaramente che lo scoglio dei quattordici giorni è ormai superato. Alcuni ricercatori ritengono, pertanto, che forse sia giunto il momento di rivedere questo limite al fine di far luce su alcune patologie delle fasi iniziali di gestazione. Nello stesso tempo, i medesimi studi mostrano anche che l’embrione non presenta soluzione di continuità nel suo sviluppo, dallo zigote al feto. Sin da subito ha una sua autonomia, una capacità di auto-organizzarsi, ha solo bisogno di tempo per poter diventare ciò che è. Questo ci porterebbe a pensare che la vita abbia sin da subito il suo inizio e che dunque abbia bisogno di essere tutelata. 

All’interno della ricerca sulle cellule staminali, oltre a quelle embrionali, un po’ problematiche, esistono le staminali adulte: la ricerca può avvalersi della riprogrammazione di queste cellule. Cosa significa? Esistono tecniche che permettono di trasformare ogni cellula del nostro corpo in una cellula staminale pluripotente. Inoltre in alcuni ospedali è possibile prelevare le cellule staminali del cordone ombelicale, e conservarle in banche di cellule autologhe per ogni neonato, utilizzabili, anche dopo decenni, per eventuali patologie che potrebbero insorgere.

Queste due strade, comunque efficaci, permettono di non sollevare molte questioni morali che accompagnano l’uso delle cellule staminali embrionali. 

Dal momento che ci sono altre vie praticabili per continuare sia la ricerca che la sperimentazione con le staminali, molti ricercatori preferiscono utilizzare questi metodi alternativi e comunque efficaci, condivisibili da tutti proprio perchè non pongono problemi di tipo etico. 

 

Cosa  pensano i tre monoteismi di queste problematiche?

Il mondo cristiano è diviso: i cattolici e gli ortodossi considerano illecito e immorale uccidere embrioni per la ricerca, dato che ritengono che un essere umano sia tale dal momento del concepimento e che gli si debba riconoscere  il diritto alla vita.

 I protestanti hanno diverse opinioni: per  alcuni lo status di essere umano è acquisito gradualmente e quindi non è presente nel primo stadio embrionale, mentre altri considerano il pericolo di non rispettare gli essere umani più deboli, gli embrioni, più grande di ogni beneficio che si possa trarre dalla loro manipolazione: in altre parole sarebbe meglio astenersi o trovare altre vie per raggiungere lo scopo.

Per la legge ebraica, un embrione fuori dal grembo ha lo stesso valore dei gameti: non deve essere distrutto invano, ma può essere utilizzato per la ricerca, dato che il feto diventa un essere umano a tutti gli effetti al momento della nascita. Inoltre, essendo l’embrione fuori dall’utero materno, non è da considerarsi parte di un essere umano.

Il mondo islamico considera lecita la ricerca sulle cellule staminali nei primi stadi di vita, essendo considerata un atto di fede nella volontà ultima di Dio, dato che può migliorare la vita umana. Secondo la tradizione islamica, l’anima si innesta nell’embrione alla fine del primo trimestre e per i giuristi il feto non ha status morale in questo periodo, anche se le decisioni possono variare a seconda dei Paesi.

 

Le opinioni sono diverse e il dibattito acceso: tutti i pareri sono leciti, ognuno dettato dalle proprie idee, credenze e conoscenze. La scienza, dal canto suo, ci dovrebbe aiutare a fare chiarezza. Qualcuno a partire dalle ultime scoperte conclude dicendo che l’embrione “vive” fin da quando si forma lo zigote, e dunque va rispettato, altri spostando l’attenzione sulle opportunità nuove di conoscenza che la permanenza in vitro dell’embrione fino al 12 giorno ha permesso, concludono proponendo di spostare più in là il limite che disciplina il suo utilizzo. 

  Valentina Bartolucci, Nicodemo Boccia, Eva Brau, Denys Carbini,

Giulia Etiopi, Yassin Guizani,Ginevra Mancani III C