Uno dei temi più caldi dell’ultimo periodo sono le cellule staminali. Queste sono ritenute una speranza per la cura di molte malattie. Interventi con cellule staminali vengono oggi eseguiti per la prima volta anche in Italia. Ma che cosa sono le cellule staminali? Sono cellule in grado di replicarsi mantenendo lo stato indifferenziato. Alla base di questa proprietà ci sono due modalità di divisione mitotica, definite simmetrica e asimmetrica. Nella prima, una cellula staminale dà origine a due cellule figlie che rimarranno entrambe staminali o che saranno indotte successivamente a specializzarsi; nella seconda, invece, una cellula figlia rimarrà staminale mentre l’altra diventerà una cellula specializzata all’interno di un tessuto.
Esse vengono classificate in base alla loro capacità di differenziarsi nei vari tipi cellulari di un organismo. Sono definite Totipotenti, o staminali embrionali, quelle derivate dall’embrione e in grado di specializzarsi in tutti i tipi cellulari. Pluripotenti sono le cellule capaci di specializzarsi in molti tipi cellulari. Le Multipotenti, o staminali adulte, sono specializzate in un numero limitato di tipi cellulari e derivano dal cordone ombelicale. Infine, le Uni-Bi-potenti, sono capaci di specializzarsi in un singolo o in due tipi cellulari.
Recentemente, sono state eseguite varie ricerche al fine di aprire una nuova strada all’interno della medicina. Sono state scoperte nuove tecniche innovative per la cura di patologie difficilmente curabili con i metodi tradizionali. Importanti sono state le ricerche compiute nel 2006 dallo scienziato giapponese Shinya Yamanaka, che è riuscito a riprogrammare una cellula adulta per farla tornare “bambina”. La tecnica da lui usata consiste nell’introdurre quattro particolari geni nelle cellule somatiche. Dopo qualche settimana in coltura, si è osservato che le cellule potevano essere riprogrammate fino a tornare pluripotenti, in uno stato simile a quello delle cellule staminali embrionali. Successivamente potevano essere ridifferenziate in cellule nervose, del cuore, del fegato e del pancreas.
Questa tecnica ha rivoluzionato le ricerche della medicina rigenerativa, che permette di riparare tessuti e organi danneggiati da malattie o traumi mediante la rigenerazione o il rimpiazzamento delle cellule.
La necessità di ricorrere alla medicina rigenerativa sta nel fatto che l’uomo, a differenza di animali quali anfibi e rettili, ha perso la capacità di rigenerare intere parti del corpo, pur riuscendo a riparare autonomamente tessuti in seguito a traumi o patologie.
Una delle peggiori patologie che affligge l’uomo, contro la quale la medicina rigenerativa è alla ricerca di cure e le difese naturali non sono sempre sufficienti, sono i tumori. Si è scoperto che le recidive della malattia sono causate dalle cellule tumorali staminali. Rappresentano, infatti, un pericolo maggiore rispetto alle cellule tumorali, perché a differenza di quest’ultime, che possono essere distrutte con trattamenti chemioterapici, quelle di tipo staminale, avendo un metabolismo più lento, sono difficilmente aggredibile dalle cure.
Dal 1988, un’altra frontiera della medicina è l’ingegneria tissutale, un campo multidisciplinare della medicina rigenerativa, che ha lo scopo di costruire in laboratorio “pezzi di tessuto” per riparare, rigenerare o sostituire tessuti malati. Un aspetto innovativo dell’ingegneria tissutale è fornito dalle moderne tecnologie che usano stampanti 3D, chiamate bioprinting, che utilizzano, per costruire organi e tessuti, cellule umane al posto di plastiche e polimeri. Attualmente, però, vi sono due grandi limiti per generare organi complessi, come cuore e reni. Il primo è la vascolarizzazione del tessuto, essenziale per fornire il nutrimento senza il quale le cellule dell’organo stampato morirebbero, il secondo è la possibilità di produrre strutture biologiche fatte da cellule differenti, proprio come i veri organi e tessuti del nostro organismo.
Non c’è dubbio che la terapia basata sul trapianto di cellule staminali rappresenti una promettente strategia per curare diverse patologie degenerative. Tuttavia, questo approccio non è ancora risolutivo e molti ostacoli ne precludono l’immediato utilizzo nella pratica clinica di molte malattie.
De Donatis Tiago, Grandoni Lucia, Indio Elena III C
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