SPORT 

Scoprire... Parlare...  Osare... Rispettare...  Trepidare...

Noi ragazzi della classe III C stiamo lavorando al progetto “SPORT: Scoprire. Parlare. Osare. Rispettare. Trepidare”, un progetto etico, educativo e formativo ideato dal prof. di Scienze Motorie, Antonio Cervellera, in collaborazione con il Centro Socio Educativo “Francesca” di Urbino, centro per ragazzi con disabilità intellettiva relazionale. 

Una volta al mese, i ragazzi del Centro “Francesca” ci raggiungono in palestra durante le ore di Educazione Fisica per allenarsi con noi. Si tratta di un’esperienza unica nel suo genere, perché ci sta permettendo di vedere il mondo della disabilità sotto una luce completamente nuova. Inizialmente siamo rimasti un po’ “spiazzati” da questo progetto, non sapevamo bene come comportarci e come interagire con questi ragazzi, ma questo non ci ha di certo scoraggiati, anzi, ci ha spinti ad impegnarci ancora di più. 

La prima lezione del progetto è servita per conoscerci, ognuno di noi attraverso un gioco d’immagini ha fatto coppia con un ragazzo del centro e insieme abbiamo eseguito vari giochi che si basavano principalmente sulla fiducia reciproca.  All’inizio eravamo tutti un po’ spaesati, ma dopo quella lezione ognuno di noi si è impegnato a trovare un modo per entrare in sintonia con il proprio compagno, cercando di trovare la giusta modalità per comunicare. Per la riuscita del progetto è  essenziale saper comunicare l’uno con l’altro, essere in armonia. Se non ci si ascolta  a vicenda, tutto il lavoro è inutile: infatti, l’obiettivo è quello di diventare una squadra, un gruppo coeso, un team work,  come oggi si è soliti dire. Il nostro è un allenamento collettivo, e quelle due ore mensili servono per allenarsi, certo, ma sono anche un momento per stare insieme, scherzare e capire che, nonostante la disabilità, è possibile costruire delle amicizie.  Dopo le prime lezioni, quindi, abbiamo capito che non avevamo nulla di cui essere preoccupati, i ragazzi sono simpatici e  lavorare con loro è veramente divertente, sono ottimi compagni di allenamento. Speriamo che questo progetto possa aiutarci a diventare più maturi e a farci vedere il mondo della disabilità con occhi diversi, insegnandoci a non fermarci alle apparenze e a una visione stereotipata di questa realtà. Di sicuro, oggi ci sentiamo responsabili nei loro confronti, perché il progetto si concluderà alla fine di maggio, con il viaggio di istruzione che si svolgerà a Firenze in occasione dei Campionati Nazionali di Atletica del Comitato Italiano Paralimpico, dove ognuno di noi  sarà l’allenatore in campo del proprio compagno, che parteciperà  a tale competizione. L’importante per noi non sarà vincere il campionato, ma divertirsi, dando il massimo in tutto senza però dimenticare che ciò che conta non è battere gli avversari, ma stare insieme e dimostrare a tutti che con l’impegno e la determinazione tutto è possibile. 

Del nostro progetto si è parlato anche al convegno “Tutti nello sport. Quali strategie?”, a cui abbiamo partecipato con una delegazione di studenti della classe, svoltosi a Fermignano il 23 febbraio scorso e organizzato dal Centro “Francesca”,  dall’Anffas di Fermignano e dalla “Scuola dello Sport CONI Marche”. Il convegno era incentrato su quali fossero gli interventi di qualità finalizzati ad una crescita sportiva e morale dell’atleta, anche quando si parte da un presupposto di disabilità intellettiva relazionale, e alla domanda: “Quali sono gli attori, le sinergie e le strategie che si devono mettere in campo?” abbiamo raggiunto piena consapevolezza di quanto anche il nostro progetto sia una risposta a tutto questo.

Valentina Bartolucci, Eva Brau III C

 

Una testimonianza diretta: Giulia Etiopi (classe IIIC) riflette sull’esperienza con i ragazzi del Centro “Francesca” 

Che dire? Credo che nel mio caso la faccenda abbia preso una piega un po’ bizzarra; è la mia nuova amica che mi dice come fare gli esercizi ed io, una volta capito, cerco di imitarla e di incoraggiarla a continuare nonostante la stanchezza. È lei l’esperta. 

Questo mi ricorda tanto una frase di un libro che ho letto non più di un anno fa, in merito ad una ragazza con la sindrome di Down, Nicole Orlando, atleta paraolimpica della nazionale italiana, la quale evidenziava che  “nelle persone come lei non c’è solo la disabilità ma tanta, tantissima abilità”. Non so quale tipo di disabilità abbia la mia nuova amica e francamente me ne infischio. Ciò  che conta è che grazie a questo progetto ho scoperto una nuova definizione della parola “disabile”, che non indica soltanto qualcuno con una carenza fisica o intellettiva, ma una persona bellissima che nonostante viva controcorrente, sfidando ogni giorno mari in tempesta, riesce con la sua simpatia e semplicità, a far fronte alla burrasca, indipendentemente da quanto sia grande e sembri insuperabile. 

Ho riscoperto l’importanza del lavoro di squadra, osservando me stessa, osservando i miei compagni di classe e i ragazzi del Centro “Francesca”: se entrambe le parti non tirano la fune, la corda non si tende; se non abbiamo fiducia noi in loro e loro in noi, l’esercizio non si esegue, si sbaglia e lo sforzo è del tutto inutile…questo è palesemente uno degli obiettivi del progetto. 

Nel primo incontro tra noi e loro, abbiamo eseguito diversi esercizi a coppie, dove bendati, prima l’uno poi l’altro, dovevamo farci guidare per superare degli ostacoli, ad esempio evitare di spostare o calpestare gli innumerevoli bicchieri di plastica sparsi per la palestra, il tutto per imparare a fidarci ciecamente del nostro compagno. Il bello è che la mia nuova amica è stata molto più in gamba di me nel condurre il gioco, nel guidare i miei movimenti per superare l’ardua impresa, piuttosto che io nei suoi confronti!                                                                                                       

Mi dispiaccio soltanto della breve durata del progetto: due ore al mese per questo anno scolastico. Non è molto, ma del resto non dipende da me.  Le belle esperienze non durano mai a lungo e forse questo è uno degli aspetti che le rende indimenticabili, o meglio, che rende ogni attimo indimenticabile perché così vero e prezioso.                                                                        

A volte mi sembra di imparare molto più intensamente in queste due ore mensili che nelle cinque/sei ore scolastiche sei giorni su sette. In fondo non posso lamentarmi e spero che continui ad andare a gonfie vele come è stato finora, e se anche il vento soffierà più forte ed impetuosamente, cercherò di aiutare la mia nuova amica ad opporsi con tutta la sua grinta ed energia, tirando fuori, così come stanno facendo tutti i miei “amici” di classe, l’enorme abilità nascosta che si cela dietro ad ognuna di queste splendide persone.

Giulia Etiopi III C