Il muro di Cipro

Il muro divide l'isola di Cipro in una parte meridionale a maggioranza greco-cipriota ed una settentrionale a maggioranza turco-cipriota, attraversando la stessa capitale della Repubblica di Cipro Nicosia. Il muro si snoda nella cosiddetta Green Line.

Storia recente

L’isola di Cipro, divenuta indipendente dalla Gran Bretagna nel 1959, fu subito interessata da forti tensioni di carattere etnico, tanto che un colpo di Stato della maggioranza etnica greca fornì il pretesto alla Turchia d'intervenire militarmente, in base ad un'interpretazione del Trattato di Zurigo, e di occupare una porzione di territorio assai più grande di quella su cui viveva la minoranza etnica turca. Nacque così la Repubblica Turca di Cipro del Nord, priva di riconoscimenti internazionali , salvo quello della Turchia, e di fatto strettamente legata alla capitale turca Ankara.

In vista dell'adesione di Cipro all'Unione europea, nell'aprile del 2004 si è svolto un referendum, in cui i due gruppi etnici sono stati chiamati a pronunciarsi in merito alla riunificazione del Paese. Poiché l'esito di questa consultazione è stato negativo, solo la parte greca dell'isola ha potuto aderire di fatto all'Unione Europea, ma di diritto tutta l'isola è membro dell'UE, anche la parte occupata dai turchi. Tuttavia l'esito del referendum ha avuto risultati contrastanti nelle due diverse comunità dell'isola. Mentre tra i greco-ciprioti i favorevoli sono stati solo il 24,17%, tra i turco-ciprioti la maggioranza, il 64,90%, si è dichiarato favorevole alla riunificazione.

Storia un po’ più dettagliata

L'invasione turca di Cipro, che iniziò il 20 luglio 1974, fu la risposta della Turchia al colpo di Stato militare greco-cipriota che aveva alterato gli equilibri faticosamente raggiunti con il Trattato di Zurigo e di Londra del 1960 tra il Regno Unito, la Grecia e la Turchia (percentualmente la comunità greco-cipriota costituiva all'incirca il 78% dell'intera popolazione e quella turca il 22%). In quel Trattato si legittimava l'intervento militare di ciascun garante in caso di sensibile alterazione dello status politico dell'isola

Le tre componenti dell'isola (greco-ciprioti, turco-ciprioti e britannici) parteciparono alla trasformazione delle due comunità etniche maggioritarie dell'isola in due vere e proprie componenti nazionali: l'istruzione, le pratiche coloniali britanniche e l'insegnamento religioso delle due comunità etniche, accompagnando strettamente lo sviluppo economico di Cipro. Anche la politica di Londra facilitò la polarizzazione etnica, applicando l'antico - ma non sempre intelligente- principio del divide et impera, agevolando l'antagonismo tra greci e turchi per impedire l'alleanza delle due componenti ai suoi danni. Per esempio quando i greco-ciprioti si ribellarono negli anni Cinquanta, le autorità coloniali britanniche istituirono la Riserva Mobile Speciale, per la quale furono reclutati esclusivamente elementi turco-ciprioti. Questa pratica e altre simili contribuirono a incrementare l'animosità tra le due componenti autoctone cipriote, tanto che nel 1956 l'organizzazione turca Türk Mukavemet Teşkilatı (Movimento di Resistenza Turco, MRT) dichiarò per conto suo guerra ai ribelli greco-ciprioti.

L'isola fu dichiarata Stato indipendente nel 1960. La Costituzione della Repubblica di Cipro del 1960 non superò neppure il terzo anno di vita. Il risentimento greco-cipriota era palpabile anche a causa del fatto che essi rimproveravano il Regno Unito di aver concesso a suo tempo troppi posti pubblici a personalità turco-cipriote: il 30% complessivo, più cioè del 18,3% costituito dai turco-ciprioti rispetto al totale complessivo della popolazione di Cipro. Nel dicembre del 1963 la Costituzione del 1960 fu di fatto disapplicata e le violenze intercomunali si acuirono. Il conflitto armato ebbe come suo baricentro l'area suburbana di Nicosia, che era stata una regione sottoposta a gravi tensioni già nel 1958. I dimostranti che parteciparono agli scontri furono greco-ciprioti e turco-ciprioti. L'elemento turco era decisamente inferiore quanto a numero e fu in qualche misura costretto all'interno dei propri "ghetti" dalla superiorità delle forze greco-cipriote, assai meglio armate. Molti civili greci e turchi furono vittima dell'ostilità armata e del caos che seguì agli scontri.

A una settimana dallo scoppio delle violenze del dicembre 1963, un contingente delle forze armate di Ankara presente sull’isola prese posizione nei punti maggiormente strategici, da Nicosia alla strada di Kyrenia, la storica arteria dell'isola di Cipro. Tale via era talmente cruciale per gli alti comandi turchi che i militari ne mantennero il controllo fino al 1974. Ci furono molti morti su entrambi i fronti e la Turchia fu sul punto d'invadere l'isola, allorché il Presidente statunitense Lyndon B. Johnson il 5 giugno 1964 affermò che gli USA erano ostili a una possibile invasione, aggiungendo inoltre che egli non si sarebbe mosso in aiuto della Turchia, se un'invasione di Cipro avesse condotto a un conflitto con l'Unione Sovietica. Un mese dopo furono avviati negoziati tra Grecia e Turchia.

I movimenti e l'accesso dei turco-ciprioti a rifornimenti basilari furono sempre più ostacolati dalle forze greco-cipriote. Gli scontri ripresero nel 1967, dal momento che l'elemento turco isolano spingeva per una maggior libertà di movimento. Ciò si risolse solo dopo la minaccia turca d'invadere l'isola, con la giustificazione che Ankara mirava a proteggere la popolazione di cultura turca dalla possibile pulizia etnica greco-cipriota. Si raggiunse poi un compromesso, in base al quale alcune forze militari greche si sarebbero ritirate da Cipro, mentre il governo di Nicosia avrebbe dovuto garantire libertà di movimento e possibilità di rifornimento ai turco-ciprioti.

Nella primavera del 1974, i servizi segreti greco-ciprioti scoprirono che l'EOKA-B, un’organizzazione paramilitare greco-cipriota con l’obbiettivo di impedire l’applicazione di una soluzione pacifica che prevedesse l’unione di Cipro alla Grecia, stava progettando un colpo di Stato ai danni del Presidente cipriota Makarios con la complicità della Giunta militare greca. Il 2 luglio 1974, Makarios scrisse una lettera aperta al Presidente golpista greco Gizikis, lamentando senza mezzi termini il fatto che i quadri del regime militare greco stavano sostenendo e dirigendo le attività dell'organizzazione terroristica EOKA-B. Egli ordinò anche alla Giunta militare greca di richiamare i suoi 600 ufficiali della Guardia Nazionale Cipriota. Il governo golpista greco rispose immediatamente accelerando la realizzazione del golpe anti-Makarios. Il 15 luglio 1974 intere sezioni della Guardia Nazionale Cipriota, guidate da ufficiali greci, rovesciarono il legittimo governo di Makarios. Questi abbandonò il palazzo presidenziale e i Britannici riuscirono a recuperarlo con un elicottero nel pomeriggio del 16 luglio per portarlo nella loro base Royal Air Force a Malta e quindi alla volta di Londra.

Nel frattempo Nikos Sampson fu dichiarato Presidente provvisorio del nuovo governo golpista greco-cipriota. Sampson era noto per il suo fanatismo anti-turco e per aver preso parte ad azioni violente contro civili turco-ciprioti nei primi conflitti interetnici. Il regime di Sampson divulgò la falsa informazione che Makarios era stato ucciso, mentre il deposto presidente, ormai sano e salvo a Londra, riusciva immediatamente a far sentire la sua voce ai suoi compatrioti e al mondo. Si calcola che le vittime dell'azione golpista siano state 650 circa, uccise o ferite, ma ad esse si devono aggiungere i 2.000 sostenitori di Makarios caduti o imprigionati nei giorni seguenti.  La violenza etnica divenne sempre più preponderante da tutte le parti coinvolte nel conflitto.

In risposta al golpe, il Segretario di Stato USA Henry Kissinger inviò Joseph Sisco a cercare di mediare nel conflitto. La Turchia sottopose una serie di richieste alla Grecia attraverso il mediatore statunitense, richiedendo l'immediata rimozione di Nikos Sampson, il ritiro dei 650 ufficiali greci dalla Guardia Nazionale Cipriota, l'ingresso di truppe turche incaricate di proteggere la popolazione turco-cipriota, uguali diritti per entrambe le comunità dell'isola e l'accesso al mare lungo le coste settentrionali cipriote per la popolazione turca isolana. Queste richieste furono respinte come inaccettabili intromissioni turche negli affari interni ciprioti. La Turchia chiese allora al Regno Unito di far valere le clausole di garanzia che avevano portato all'indipendenza di Cipro e che prevedevano la sua neutralità. Londra rifiutò di dar corso a quella richiesta e negò ad Ankara l'uso delle sue basi sull'isola nel caso di applicazione del diritto d'intervento “restauratore” riservato come ultima ipotesi a Londra, ad Atene o ad Ankara. A questo punto la Turchia invase Cipro sabato 20 luglio 1974.

Truppe di terra possentemente armate sbarcarono rapidamente sulla costa settentrionale cipriota, incontrando una certa resistenza da parte delle truppe greche e greco-cipriote. Ankara invocò il suo presunto diritto d'intervento, in base al Trattato di garanzia, per proteggere la comunità turco-cipriota e garantire l'indipendenza di Cipro: affermazione contestata da Atene. Le forze turche dispiegarono una chiara e decisa strategia, costringendo numerosi greco-ciprioti a riparare nel sud dell'isola. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite poté infatti ottenere un cessate il fuoco il 22 luglio, quando i militari di Ankara avevano conquistato uno stretto corridoio tra Kyrenia e Nicosia. Durante i giorni seguenti l'esercito turco occupò ulteriore territorio. Nel frattempo la Giunta militare greca collassò e i leader politici greci in esilio cominciarono a tornare in patria. Il 24 luglio 1974 Konstantinos Karamanlis ricevette subito l'incarico di Primo ministro del nuovo governo democratico greco. Poco dopo, Nikos Sampson dovette abbandonare la Presidenza e Glafcos Clerides assunse temporaneamente il ruolo di Presidente di Cipro.

I numerosi tentativi mostrarono l'impossibilità di giungere a un compromesso e in seguito la Turchia chiese al governo di Nicosia di accettare il suo piano mirante alla costituzione di un'entità federale e a un opportuno spostamento di parte della popolazione, per consentire alle due comunità di vivere in modo maggiormente compatto e omogeneo. Il presidente provvisorio cipriota Clerides chiese tempo per consultare Atene e i leader greco-ciprioti, ma il ministro degli Esteri turco negò questa opportunità. Un'ora e mezzo dopo il fallimento della conferenza la Turchia lanciò la sua "Seconda Operazione di Pace", assumendo il controllo di circa il 40% di Cipro. Un gran numero di greco-ciprioti si trovano trasformati in rifugiati nella loro stessa patria. Il governo cipriota di Nicosia stima che il loro numero sia stato di circa 200.000 unità. Molti di loro furono costretti ad abbandonare le loro case dall'esercito turco e a spostarsi nella zona greco-cipriota: anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato quell’operazione del governo turco come un illegittimo sopruso.

La linea di cessate il fuoco dal 1974 a oggi separa le due comunità dell'isola e ad essa ci si riferisce di norma con l'espressione “Linea Verde”.  Le conseguenze dell'invasione della Turchia tuttavia non salvaguardarono la sovranità della Repubblica di Cipro e la sua integrità territoriale, ma ebbe addirittura l'effetto opposto: la divisione di Cipro e la creazione di un'entità politica separata nel nord dell'isola. Infatti il 13 febbraio del 1974 la Turchia dichiarò le aree occupate della Repubblica di Cipro uno "Stato Federale Turco". L'ONU, però, ancora oggi riconosce soltanto la sovranità della Repubblica di Cipro. Il conflitto costituisce un grave intralcio alle relazioni tra la Turchia da un lato e Cipro, Grecia e Unione europea dall'altro.

 

 Il muro

 

Dal 1974 Cipro è divisa in due da una zona cuscinetto lunga 180 km. La parte settentrionale dell’isola è controllata dalla Turchia, mentre il resto del territorio dal governo cipriota. Oggi esistono quindi due nazioni cipriote: la Repubblica di Cipro, cipriota-greca, riconosciuta dall’Onu e membro dell’Unione Europea e la Repubblica turca di Cipro del Nord, riconosciuta solo dalla Turchia e da nessun altro Stato del mondo. Il problema più grande è che anche se questa situazione di fatto dura ormai da 40 anni, le tensioni però tra le due Cipro non paiono ancora sopite e non sembrano esserci le condizioni per abbattere l’ultimo “muro” europeo.

La Corte europea per i diritti dell’uomo si è pronunciata sulla questione del risarcimento dei danni – morali e materiali – subiti dai cittadini greco- ciprioti cacciati dalle loro case dall’esercito turco nel 1974. La Corte ha condannato la Turchia a pagare più di 90 milioni di euro di risarcimento. Il governo turco ha annunciato immediatamente la decisione di non pagare e l’interruzione di ogni trattativa per la riunificazione di Cipro. L’attuale presidente della Turchia Erdogan ha fatto del nazionalismo la bandiera della sua politica. Cedere su Cipro significherebbe perdere credibilità interna e abbandonare a se stessi i tantissimi coloni turchi che in questi 40 anni sono emigrati in terra cipriota. Inoltre, significherebbe per la Turchia rinunciare a una presenza militare e strategica consistente nell’area. A Cipro, infatti, stazionano oltre 20 000 soldati dello Stato turco.

Gli spiragli per un’intesa condivisa sono pochi, resi ancora più ristretti dal fatto che le due etnie coinvolte continuano dopo quattro decenni ad accusarsi reciprocamente per la fine dell’unità cipriota e per le violenze e le distruzioni avvenute.

Gianluca Malvagi III A LSO