Nel 2003 il capo del governo del Botswana Festus Mogae, con l’aiuto economico dell’Unione Europea, ha fatto innalzare lungo il confine tra il Botswana e lo Zimbabwe una rete metallica elettrificata alta 2,4 m e lunga 500 km, che attraversa parchi nazionali, villaggi, isole, corsi d’acqua e laghi, impedendo il libero movimento anche degli animali selvatici. Botswana e Zimbabwe rappresentano i due volti diversi della regione africana. Il Botswana è un piccolo paese con uno dei redditi più alti dell’Africa grazie alle miniere di diamanti (di cui è il maggior produttore mondiale, con circa il 25% di tutti i diamanti del pianeta), ma negli ultimi tempi anche l’allevamento sta dando i suoi frutti grazie all’esportazione di carne di manzo. Lo Zimbabwe, invece, è un Paese povero, con un’economia in ginocchio, dilaniato da instabilità e conflitti politici, stremato da un’epidemia di colera e di afta epizootica, una malattia che colpisce bocca e zampe dei bovini e che si è trasmessa rapidamente anche alle mandrie del Botswana. Le condizioni precarie dello Zimbabwe e il maggior benessere dello stato confinante sono da sempre all’origine dei flussi migratori verso il Botswana, che si sono intensificati negli ultimi decenni.
Per preservare il bestiame da ulteriori contagi e salvaguardare i propri interessi commerciali, il governo botswano ha deciso di innalzare una barriera metallica. Dietro questa motivazione ufficiale, tuttavia, si nasconde il tentativo di ostacolare e impedire il costante flusso migratorio dallo Zimbabwe e la libera circolazione delle persone, come testimonia l’altezza stessa della recinzione.
Da anni, infatti, sono migliaia gli zimbabweani che cercano una vita migliore al di là del confine, soprattutto dopo la grande crisi economica causata dalla riforma agraria voluta dall’ex presidente Robert Mugabe che ha espropriato molti proprietari terrieri di origine anglosassone. Tale decisione non ha fatto per nulla piacere al Regno Unito, tanto che nel 2002 il Paese è stato allontanato dal Commonwealth. Nello stesso anno la Comunità Europea diede inizio alle sanzioni economiche, esprimendo profonde preoccupazioni quanto alla situazione nello Zimbabwe, in particolare relativamente alle gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo del Paese. Si legge in un rapporto ONU che Mugabe utilizzava la diffusione dell’AIDS, attraverso lo stupro, come arma biologica contro le etnie rivali. Nel 2003 gli immigrati zimbabweani sono stati accusati dal governo botswanese di aver portato un’epidemia che si era diffusa nel loro bestiame, facendo perdere al Paese una gran quantità di denaro che sarebbe dovuta derivare dall’esportazione di carni bovine. Da quell’episodio si è optato per la costruzione del muro, forti del fatto che la stessa Unione Europea aveva concesso al Botswana un finanziamento di 34 milioni di euro per tale progetto. Le tensioni tra Europa e Zimbabwe hanno portato l’Unione Europea a finanziare il muro.
Oggi il Botswana deve fare i conti con un’immigrazione che, muro o non muro, c’è. La differenza demografica tra i due Stati è ampia: 1 milione e 700mila botswanesi e 12 milioni e 600mila zimbabweani. Secondo le cifre del governo, gli illegali in Botswana sono più di 100.000. L’immigrazione dallo Zimbabwe è regolamentata dal rilascio di un passaporto e di un visto. Le interminabili attese per ottenere questi due documenti (al termine della validità dei quali, comunque, scatta il rimpatrio forzato) ha spinto molti abitanti a trovare metodi illegali per oltrepassare il confine. La costruzione della barriera ha innescato una serie di disagi e di risentimenti nella popolazione dello Zimbabwe. Dopo la costruzione della barriera alcuni villaggi abitati dalle comunità appartenenti alle etnie Herero e San, si sono trovati divisi in due e impossibilitati a raggiungere fonti d’acqua e territori prima accessibili per le attività di sostentamento come la caccia e l’allevamento. Ciò ha innescato continue guerriglie tra gli abitanti dei villaggi, che tentano di rimuovere la barriera, e la polizia del Botswana, che presidia il confine.
La barriera, inoltre, impedisce le migrazioni delle specie animali nella regione del Delta dell’Okawango, una delle più ricche di fauna, causando così seri danni agli equilibri ecologici.
Luna Zanni III A LSO
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