Muro tra Sahara occidentale e Marocco

Una piccola introduzione

Il muro che si trova tra il Sahara occidentale e il Marocco ha lo scopo di fare rimanere fuori il popolo Saharawi nei territori circostanti di Algeria e Mauritania. Inoltre va ricordato che dal 1884 al 1975 il Sahara occidentale era una colonia spagnola. Ci fu poi la contesa del Sahara fra il Marocco e il Fronte Polisario, e per questo motivo si parla dal 1975 di un’ultima decolonizzazione da completare. Nel Fronte Polisario si riconoscono i saharawi, che attraverso questo movimento politico vogliono ottenere il diritto all’autodeterminazione e quindi creare un proprio Stato indipendente.

Un po’ di storia

Come accennato in precedenza, il Sahara era di appartenenza Spagnola. Così nel 1975, in seguito all’occupazione marocchina mediante la Marcia verde, la Spagna dovette ritirarsi dalla colonia. Fu proprio questo a scatenare la scintilla della contesa per cui, poco dopo, venne eretto il muro divisorio. Infatti questo evento portò il Marocco a contendersi quel territorio con la Mauritania, in quanto entrambe desideravano poter controllare il Sahara occidentale. Infatti il Marocco affermava che il controllo fosse di sua competenza, dato che quei territori erano stati marocchini prima della colonizzazione spagnola. Comunque nel 1976 le due Nazioni contendenti trovarono un accordo e si spartirono quel territorio; ma pochi mesi dopo il Fronte Polisario, sostenuto dall’Algeria, a sua volta proclamò la nascita della Repubblica Democratica Araba dei Saharawi. Il problema si acuì ulteriormente quando la Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU con sede all’Aia non ritenne legale la spartizione tra Marocco e Mauritania e riconobbe invece al popolo saharawi il diritto all’autodeterminazione. Nel frattempo Mauritania e Marocco acquisirono il diritto di controllare e amministrare la zona interessata attraverso un accordo segreto col governo di Madrid. 

Nel 1975 a capo del Marocco c’era il re Hassan II, il quale in quel periodo aveva notevoli difficoltà interne e cercava di risolverle puntando sul sentimento nazionale e intraprendendo una campagna militare per andare a riacquisire i territori che inizialmente, dopo il ritiro della Spagna, si erano spartiti Marocco e Mauritania. A questa invasione immediatamente reagirono i saharawi, i quali considerarono questo evento come una nuova colonizzazione.  A seguito del tentativo d’occupazione marocchina, il popolo saharawi non esitò ad attaccare con le armi il Marocco, il quale rispose aspramente costringendo il popolo del deserto a vivere ancora oggi in campi profughi.  

Come già si è detto, nel 1976 era stata fondata la Repubblica Democratica Araba dei Saharawi nei pressi del confine con l’Algeria, la quale appoggiava il Fronte Polisario che combatteva sia contro la Mauritania che contro il Marocco. Gli scontri fra il Fronte Polisario e il Marocco durarono dal 1975 al 1991, quelli invece tra il Fronte e la Mauritania cessarono nel 1979. Si intravide uno spiraglio di pace nel 1991, quando il Consiglio di sicurezza dell’ONU riuscì a stipulare un accordo, in base al quale si stabiliva che il governo marocchino avrebbe permesso al popolo Saharawi di indire un referendum per esprimersi sull’indipendenza del Sahara occidentale. Il referendum non fu mai fatto e questo portò alla divisione del Sahara occidentale in due parti: l’80% sotto il controllo marocchino e solo il 20% in mano al popolo Saharawi. Oltre tutto, la parte in mano al Fronte Polisario comprende un territorio molto più povero, visto che la parte marocchina possiede anche giacimenti di petrolio, depositi di fosfati e la possibilità di sfruttare la pesca. Questo fa ben capire che il motivo dei conflitti non è solo di origine politica ma anche economica. 

Le condizioni dietro il muro

Dietro questo imponente muro, definito anche “Il muro della vergogna”, lungo ben 2.700 chilometri, “arricchito” da circa 10 milioni di mine anti-uomo, con bunker, fossati, filo spinato, vivono in condizioni spaventose uomini e donne del popolo saharawi. 

Gli abitanti saharawi sono circa 200.000 e vivono in campi profughi nel deserto dei deserti, definito pure “il giardino del Diavolo” a causa delle sue condizioni che lo rendono inabitabile, come le temperature che oscillano sulla media di 30 °C, ma che tuttavia raggiungono temperature sotto 0 d’inverno e temperature che si aggirano attorno ai 50 °C d’estate.  Ad aggravare la situazione ci sono poi da considerare la mancanza di acqua, di elettricità e la grande percentuale d’analfabetismo, problemi che a mano a mano si stanno riducendo grazie soprattutto all’intraprendenza delle donne. Infatti mentre gli uomini combattevano, queste donne costruirono le prime strutture pubbliche e civili, come scuole, asili e ospedali, riuscendo in particolar modo a diminuire il tasso di analfabeti dal 95% al 10%. Nonostante gli sforzi per cercare di vivere una vita normale, tuttora i saharawi sono costretti ad abitare un luogo dove è in corso una grave emergenza umanitaria.

Christian Roselli III A LSO