Quando sentiamo nominare la parola labirinto, sovviene alla mente l’immagine di un percorso intricato nel quale il solo scopo è quello di uscire. In realtà, la figura del labirinto è polisemica,
cela in sé oscuri e criptici significati. Si può intendere infatti come uno scontro quotidiano con la realtà della vita; risolvere gli intricati enigmi che esso nasconde diviene metafora del
superare le varie difficoltà che ci troviamo ad affrontare ogni giorno. Non bisogna però pensare che il labirinto abbia solo la funzione di ostacolo, esso può essere concepito anche come un
percorso di crescita che permette a chi lo intraprende di trasformarsi, di migliorare se stesso. Ciò è
possibile grazie al fatto che, per uscire da questo intricato iter, è necessario sfruttare le proprie capacità logico-deduttive, non ci si può semplicemente affidare al caso o alla fortuna.
Cosa spinge, dunque, il tenace viator ad affrontare questa prova? Perché entrare in un labirinto, pur sapendo che forse non riuscirà ad uscirne? Molti ritengono che ciò che spinga le persone ad
entrarvi sia il centro stesso del labirinto: si tratta di un richiamo all’esplorazione che ogni uomo possiede. Inoltre, la sfida che esso rappresenta è irresistibile. Entrare, trovare il centro e
poi uscire sembra essere un’azione incredibile che fa apparire chi la compie come un eroe. Si può quindi affermare che il labirinto sia un luogo misterioso, pieno di fascino che ammalia chiunque
lo veda, perciò non c’è da stupirsi se in molti tentino questa impresa pur sapendo che falliranno. Come già detto in precedenza, per superare questa prova, non basta affidarsi al caso, si devono
mettere in gioco le proprie abilità, a cominciare da quella di deduzione: perché un labirinto non si affronta tutto in una volta, si deve ragionare ad ogni passo, ad ogni bivio, senza la pretesa
di avere una mappa globale, ma solo una visione parziale del rompicapo. Fin dall’antichità, il concetto di labirinto rappresentava le difficoltà, gli sforzi e gli scontri con le verità della
propria vita. Allo stesso tempo indicava le fatiche che si dovevano compiere per raggiungere i propri obiettivi, un punto di arrivo, la propria coscienza. Il pensiero si rivolge quindi alla
figura eroica di Teseo, che riuscì a sconfiggere il Minotauro e ad uscire dall’intricato labirinto cretese in cui l’orrenda creatura era confinata. L’eroe greco, però, non fu il solo che ebbe a
che fare con questa difficile prova: anche l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto si ritrovò sperduto all’interno del grande palazzo di Atlante in cui, tra illusorie apparizioni e miraggi
desiderati non sembrava esserci una via d’uscita.
Un discorso diverso va fatto per la fiaba Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll; si tratta di un libro-labirinto in cui il labirinto è sia oggetto, che struttura del testo: non è solo
la protagonista a dover affrontare il rompicapo, persino il lettore è tenuto a partecipare e a cimentarsi con gli enigmi preparati dall’autore. Tornando in Italia, senza dubbio, anche due
pilastri letterari contemporanei si sono soffermati sulla figura del labirinto: Umberto Eco e Italo Calvino. Eco è noto per il famoso labirinto da lui creato all’interno del romanzo Il Nome della
Rosa; si tratta della biblioteca di un monastero, luogo che cela tutto il sapere assieme a numerosi segreti e misteri e che perciò deve essere accessibile solo ai pochi che riescono ad
orientarsi, evitando così che i più possano mettere le mani tra i tesori che contiene. Suddivide i labirinti in tre tipi: classico, manieristico e contemporaneo. Il primo, detto anche unicursale,
è sempre percorribile in un’unica direzione ed è privo di biforcazioni, perciò il viaggiatore non si può sbagliare. Il secondo, detto ad albero, è più complesso, vi sono infinite ramificazioni e
tutti i percorsi portano ad un punto morto,
eccetto quello che conduce all’uscita. Il terzo, detto rizoma, è la struttura più complicata, si può estendere all’infinito. Calvino, invece, vede nel labirinto, una rappresentazione della realtà
caotica in cui è sempre più facile perdersi. Le persone che prendono coscienza di questo fatto assumono due atteggiamenti opposti: la resa al labirinto e la sfida al labirinto. Nel primo caso, ci
si arrende alla realtà oppure si finge che essa non sia tale, nel secondo caso si tenta di reagire e di combattere ed è proprio questo ciò che Calvino vorrebbe che le persone facessero. Tutti i
labirinti qui citati ci appaiono ormai lontani dal nostro quotidiano, rinchiusi nello scrigno di un passato fantastico, ma in realtà esiste un particolare labirinto in cui oggi siamo
completamente immensi e in cui spesso ci perdiamo . Si tratta di Internet, una delle più grandi invenzioni degli ultimi tempi, che si sta trasformando sempre più in un luogo insidioso in cui è
difficile per noi giovani orientarsi con consapevolezza perché non c’è nessuna Arianna che ci tenda il filo.
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