Una prof minuta, dall’aspetto curato ed elegante, con il viso sorridente entra dalla porta. Vivace, solare, sicura di sé, spigliata… sicuramente più di noi alla nostra prima esperienza da intervistatrici.
E’ la prof Veneziano, l'insegnante di Diritto della nostra scuola, che entra dalla porta dell’aula e ci toglie lei per prima dall’imbarazzo: “Allora ragazze, dove ci mettiamo per fare quest’intervista?”. Ci affidiamo alla sua spigliatezza e scegliamo quindi una stanza adatta ad accogliere un argomento che sapevamo sarebbe stato delicato da affrontare, quasi sconosciuto per noi, sicuramente molto personale. Ci sediamo, le nostre mani iniziano a sudare, emozionate e intimorite insieme…
“Se vi sentite in imbarazzo a farmi delle domande, inizio a raccontarvi io, poi vediamo come proseguire”, ci dice continuando a sorridere. E così facendo l’ansia e l’inquietudine si rompono in mille pezzi, quella parete di vetro che ci separava da lei si frantuma. Ora siamo solo noi, nello stesso spazio, sulla stessa linea d’onda. A nostro agio.
Così la prof inizia a raccontarci la propria battaglia contro il cancro, “vinta, combattuta, lunga e ricca di insegnamenti: ci tengo che venga raccolta e fatta conoscere attraverso questa vostra intervista, perché questa mia esperienza, messa al servizio di altri, serva a combattere la paura”.
“Avevo 41 anni quando una mia parente stretta ha scoperto di avere un tumore al seno. Questo succedeva 17 anni fa quando ricevere una tale diagnosi era diverso da oggi. Mi sono ritrovata così a seguire questa persona in tutte le fasi della malattia, mi occupavo letteralmente di lei, in tutto e per tutto. A quell’età non avevo mai pensato di sottopormi ad una mammografia, ma il senologo che l’aveva in cura, considerato il grado di parentela, mi consigliò di sottopormi io stessa ad una mammografia, per prevenzione. La feci, per fortuna risultò negativa e quando ho lasciato la Calabria e mi sono trasferita qui nelle Marche ho continuato a fare ogni anno i controlli, regolarmente”.
E prosegue: “Anche quest’anno, quindi, come ogni anno da allora, a luglio mi sono sottoposta agli esami, mammografia ed ecografia, seguita dalla mia dottoressa, la dott.ssa Paola Manna dell’Ospedale di Urbino; una persona di rara gentilezza e delicatezza, un’attenta, scrupolosa professionista, amante del suo lavoro. Un lavoro che richiede un’enorme sensibilità, perché comporta un’interazione con dei pazienti che aspettano delle risposte e dei risultati che, talvolta, possono rivelarsi sconfortanti”.
Noi, nonostante la nostra giovane età, nonostante le scarse se non nulle conoscenze, abbiamo iniziato a comprendere cosa le fosse accaduto; e l’empatia che già era scattata nei suoi confronti ha permesso di cogliere il resto, per quanto possibile. Un nodulo al seno, ci dice, non si sapeva ancora se di natura benigna o maligna, con tutto l’iter di controlli e verifiche del caso, tutte le date delle visite incise nella sua memoria, perché “segnano la scadenza di una notizia buona o cattiva”.
“Ero stata convocata dalla dottoressa a settembre per l'esito della risonanza: mi dice, con delicatezza, che il risultato di questo esame necessitava di ulteriore approfondimento. Speravo mi dicesse altro, avevo passato un’estate cercando di mantenere la serenità e la lucidità. Mi è caduto un mattone in testa. Di lì a qualche giorno mi sono sottoposta ad un’agobiopsia in anestesia locale. L'attesa di questo ulteriore “responso” è stata straziante. La mia mente ha iniziato a porsi domande e a darsi possibili risposte più o meno confortanti. Ma -tra tutti- ricordo con precisione un interrogativo, che mi ha dato la forza per affrontare ogni cosa: Cosa devo mettere a posto della mia vita? C'è qualcuno a cui devo perdonare qualcosa? C'è qualcuno a cui devo chiedere scusa?”.
“Quel giorno, quando finalmente è arrivato l’esito, ascoltando le parole della dottoressa mi sono sentita sbiancare: ho guardato negli occhi mio marito e ho sentito l'impotenza dell'Uomo in casi come questi. Ma è un verdetto e bisogna accettarlo.”
Parole da brividi, forti, decise. Rimaniamo in silenzio, a riflettere, per qualche istante, per cercare di comprendere appieno cosa significasse davvero; forse lo stesso numero di istanti vissuti dalla nostra prof. quel giorno, con suo marito a fianco e la dottoressa di fronte.
E poi il racconto dell’intervento per asportare il tumore, le sensazioni, i dettagli vividissimi impressi nella memoria: “Dottori, chirurghi, infermiere e compagne di stanza sono le persone che mi hanno accompagnata, sostenuta in questa battaglia assieme ai miei famigliari. Tante spalle a cui appoggiarsi, un punto di riferimento in ogni momento; sincerità, disponibilità, pacatezza, protezione, sorrisi e tante coccole. Ecco le colonne portanti della mia esperienza”.
“Sto raccontando una favola, vero?” ci dice sorridendo.
E il nostro cuore batte, con un groppo in gola, nell’ascoltare il suo racconto.
“Io, ragazze, ho fatto del sorriso il mio stile di vita, e tutto nella vita va affrontato con un sorriso. Regalare un sorriso non costa niente” conclude.
Non abbiamo esitato a trattenere le nostre lacrime. Una frase forte, d’impatto, che abbiamo sentito “vera”. Frase che per due adolescenti di 16 anni come noi, è un sicuro insegnamento.
La prof ci ha guardato con gli stessi occhi di una madre mentre guarda suo figlio, con serenità e un senso di protezione. Non siamo riuscite a dire nulla, nessuna parola è pronunciata per un paio di secondi quando riprende: “Bene, ora che è scesa anche la lacrimuccia, possiamo anche terminare”.
Scoppiamo tutte a ridere. La commozione ha lasciato spazio al sorriso.
“Grazie mille per avermi dato la possibilità di parlare di questa esperienza: è importante perché si crei una sensibilizzazione capillare, perché la prevenzione in questi casi non è mai abbastanza. Ed è importante che le eccellenze del nostro territorio siano valorizzate: e l’Ospedale di Urbino, in particolare il percorso senologico con il Dott. Magalotti e tutto il suo staff, lo è. Un luogo in cui la professionalità, la competenza, la passione per il proprio mestiere si accompagnano a disponibilità e sensibilità… in una parola umanità, che aiuta ad affrontare momenti di sconforto, di dolore, di solitudine, di paura. E’ cosa rara, perciò preziosa, ed è bene che si sappia”.
L’abbiamo abbracciata, ringraziata e salutata.
Con la stessa aria allegra, vivace e, ovviamente, con il sorriso sulle labbra di quando è arrivata, esce dalla porta.
Per noi, più di una prof: una donna da considerare modello di vita.
Anche per questo: Buona Festa della Donna a tutti.
Silvia Suriani, Elena Indio IIIC
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