Dodici mesi sono già trascorsi dalla scoperta, grazie al telescopio spaziale Kepler costruito dalla NASA, di un pianeta che appartiene ad un sosia del nostro Sistema Solare, lontano da noi 2.545 anni luce. Quella del 14 dicembre 2017 è dunque una data storica: per la prima volta un Sistema Solare con così tanti pianeti è stato scoperto nello spazio profondo; si tratta di un Sistema formato dalla stella Kepler-90, classificata nana gialla, proprio come il nostro Sole, e situata nella costellazione del Dragone, attorno alla quale orbitano sei pianeti rocciosi e due giganti gassosi, denominati con le lettere del nostro alfabeto, in ordine dal più vicino (a) al più lontano (h). Uno di questi, Kepler-90 h, potrebbe essere un nuovo mondo capace di ospitare forme di vita.
Una differenza con il nostro Sistema Solare è costituita dal fatto che il sosia è più compatto. Infatti, Kepler-90 h, il più esterno dei pianeti, dista 1,01 UA (Unità Astronomiche) dalla stella madre, ossia si trova a una distanza simile a quella della Terra dal Sole. Solo questo pianeta quindi è nei pressi del limite interno della zona abitabile. Attorno ad esso potrebbe orbitare una sua eventuale luna, dove potrebbe esistere acqua liquida sulla superficie, dato che il pianeta è un gigante gassoso. Si tratta di una scoperta di portata straordinaria, perché finalmente si può parlare di zone che possono ospitare forme di vita.
E’ inoltre altrettanto importante il modo grazie al quale è stato scoperto il pianeta Kepler-90 h: l'intelligenza artificiale. Questa avrebbe, infatti, estratto dall'enorme mole di dati l’informazione della presenza di questo ottavo piccolo pianeta. La collaborazione Nasa-Google ha prodotto l'intelligenza artificiale allenata con i dati di 15.000 altri sistemi osservati da Kepler e coi relativi risultati ottenuti dagli astronomi, permettendo di scovare non solo il pianeta Kepler-90 h, ma anche un sesto pianeta in un altro sistema, quello della stella Kepler 80.
Come studenti di un Liceo Scientifico, abbiamo voluto ricordare questo evento per la grandissima importanza che ha per tutta l’umanità, sia per le nuove tecnologie usate che per la scoperta di un luogo potenzialmente abitabile.
Così affermava Nicolas Camille Flammarion, astronomo, editore e divulgatore scientifico francese, morto nel 1925: «Osiamo sperare che verrà il giorno in cui mezzi sconosciuti alla nostra scienza attuale ci daranno testimonianze dirette circa l'esistenza di altri mondi capaci di ospitare forme di vita».
Beh, quel giorno è già arrivato.
Fucili Gianluca, III C LSA
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