Dialogo: "L'uomo e il male"

Un uomo riflette sulle cause del male spinto da Ragione,Piacere e Fede,entità che caratterizzano la sua natura

RAGIONE: Cos’è l’uomo dunque? Qual è la natura fondamentale di ciò che noi chiamiamo uomo e che riteniamo unico e diverso da qualunque altro essere? L’uomo è oggettivamente un’entità relegata all’universo fisico: nulla si può dire di esso che non sia associabile ad un fenomeno fisico e da questo deriva la sua natura fallace e limitata.

 

FEDE: Come puoi tu, che ti proclami messaggera dell’oggettività, limitare la natura dell’uomo, essere così complesso, ad una mera manifestazione dei fenomeni fisici?

 

PIACERE: Ma soprattutto, cosa lo distingue allora da qualunque altro essere? Non è altro che un insieme di paure e passioni che condiziona continuamente le sue azioni, per cui è affine alle altre forme di vita in quanto dominato dalle stesse pulsioni e dai medesimi bisogni. Cosa gli ha permesso dunque di                                                                                                                                            dominare sugli altri?

 

RAGIONE: Io posso Fede, perché è evidente, per come la natura dell’uomo si manifesta, che questo è relegato alla fisicità dell’universo. Infatti l’essenza stessa dell’uomo è suscettibile agli avvenimenti fisici che ne possono cambiare la forma e la natura facilmente. Ad esempio, intervenendo chirurgicamente sul cervello umano è inevitabile alterare la persona stessa, cambiandone irrimediabilmente le caratteristiche. L’uomo è in continuo decadimento, dettato dalla sua stessa natura di ente naturale. La persona dimentica, cambia e non è mai stabile, si può quasi dire che non esista, poiché non è riscontrabile una sua forma costante, illimitata e indipendente dal mondo fisico.

 

FEDE: Non trovi proprio nulla che accomuni l’uomo nel corso del tempo, un senso di qualcosa che trascende il tuo amato mondo fisico, qualcosa che non saresti neanche in grado di cogliere?

Nel corso di tutta la breve storia dell’uomo è sempre stata presente un’entità a cui si è rivolto, per ottenerne benefici e conforti. Un genitore primordiale, per il quale l’uomo ha compiuto meravigliose opere. Ha compiuto tanti errori, dai quali si è rialzato, in un continuo progresso, generando leggi che la natura non ha fisicamente stabilito, al fine di creare una situazione di pace, altrimenti impossibile se seguisse gli impulsi: la cosiddetta morale. Non ritieni che questo qualcosa “al di là” abbia migliorato la condizione dell’uomo?

 

RAGIONE: È vero che le religioni hanno diffuso principi morali che possono potenzialmente favorire il progresso dell’uomo, tuttavia hanno anche comportato la trasmissione di dogmi di generazione in generazione che hanno portato l’essere umano solo all’errore e all’ignoranza, addirittura sabotando forme indipendenti di sapere. Ciò che distingue l’uomo dagli altri animali, Piacere, non è tanto la forma ma è il modo in cui questa si manifesta, l’uomo ha sviluppato capacità nuove e diverse che gli hanno permesso di prevalere. L’essere umano è in grado di sfruttare la natura a proprio vantaggio, modificando l’ambiente e di conseguenza alterando il suo stesso meccanismo di evoluzione. Per esempio gli animali per sopravvivere al freddo hanno l’istinto di accumulare grassi per mantenere meglio la propria temperatura corporea oppure cercano un rifugio; l’uomo, invece, si è reso conto di poter ricavare dagli altri animali un ulteriore rivestimento per proteggersi dalla rigidità del clima e di potersi costruire un rifugio, alterando così lo stesso ambiente in cui vive. L’istinto di sopravvivenza comune a tutte le belve mano a mano perde la sua importanza fondamentale in quanto l’uomo non si trova più allo stato di natura, non è in costante pericolo di vita.

 

PIACERE: Eppure ognuno tenta ancora oggi di prevalere, compiendo del male nei confronti dell’altro senza che ce ne sia la necessità. Questo atteggiamento è ciò che viene comunemente definito come egoismo.

 

RAGIONE: Dunque tu identifichi quella pulsione che chiami egoismo con ciò che resta dell’istinto dell’uomo di sopravvivere anche a scapito dei suoi simili. Ritieni che sia questa la sola e unica causa per cui l’essere umano è giunto a nuocere agli altri della sua stessa specie?

 

PIACERE: L’uomo, in quanto animale, compie del male a causa di questo istinto che non può essere estirpato dalla sua natura. Non sempre però il male è dovuto a questo spirito di autoconservazione, a volte è dettato dalla noia, o dal bisogno (pur sempre istintivo) di sfogare le proprie frustrazioni, il proprio male di vivere su qualcun altro. Ogni essere umano, pur non avendo una particolare patologia, ha delle perversioni, talvolta è sadico. Ad esempio la noia, la ripetitività lo portano a compiere atti con conseguenze negative nei confronti degli altri e di se stesso senza che ne tragga un particolare vantaggio.

 

RAGIONE: Hai parlato di male di vivere: anch’io ritengo che la condizione dell’uomo sia infelice, sofferente e tragica: la vita non dà stabilità, non concede certezze, di cui invece l’uomo necessita. Questo suo continuo navigare nell’incertezza rende l’uomo estremamente fragile e vulnerabile, in balia delle passioni. Ed è così che l’uomo sente il bisogno di prevalere sugli altri, per affermare se stesso, per avere quella certezza che gli manca, potendo contare sul fatto di essere più forte degli altri. Questo porta l’uomo ad essere malvagio verso i suoi simili, cercando di contrastarli e superarli per illudersi di essere più forte, di potercela fare, di poter affrontare le paure, i dubbi e le sofferenze di fronte alle quali la vita lo pone. Come hai detto tu, Piacere, quell’istinto di sopravvivenza che l’uomo si porta dietro dallo stato primordiale, ora trasformatosi in egoismo, prende il sopravvento e controlla l’agire umano.

 L’uomo, quindi, è in costante ricerca di certezze. Ad esempio, con l’avvento dell’epoca moderna ogni principio morale ha cominciato a crollare, a partire da quelli dettati dalla religione. Quindi l’individuo si è trovato improvvisamente fragile e senza una scala di valori morali che non è stato in grado di sostituire, di conseguenza è caduto in uno stato di nichilismo e di assenza di senso della vita. Questo lo ha reso facilmente influenzabile e pronto a riempire questo vuoto con qualunque cosa la società gli proponga. Sono questi i fattori che rendono possibile l’ascesa al potere, con il consenso del popolo, di uomini “Malvagi”, uomini che non hanno più confini etici e sono disposti a compiere le azioni più irrazionali pur di riempire quel vuoto. È a questo punto evidente come ancora oggi ci sia una carenza di principi, gli uomini tutt’ora tendono all’omologazione, al riconoscersi in una massa, all’agire per la grandezza dell’idea e non per l’idea stessa, gli uomini hanno paura che le loro opinioni si rivelino sbagliate e quel vuoto torni, per questo ergono muri tra i loro stessi simili. In un ambiente così tossico non esiste un dialogo vero, ma solo scontri, tifoserie che si affrontano pur di dare un senso alla loro vita. 

 

FEDE: Io credo che l’uomo possa evitare di compiere del male ponendo un ente metafisico come esempio e modello da seguire. Ogni religione porta con sé dei principi morali che guidano l’uomo verso il bene: Dio è l’incarnazione di questi valori, e i credenti sono spinti a seguire il bene in quanto legge dettata dal dio stesso. Per evitare però il crollo di questi valori, in un secondo momento, è necessario che l’uomo agisca di sua spontanea volontà, e faccia propri i principi che la religione reca con sé, e non limitarsi a rispettarli in quanto imposti dall’alto. 

 

RAGIONE: Con la propria coscienza, inoltre, l’uomo deve andare al di là di questi valori, migliorarli e crearne di nuovi, ponendosi come fine il bene dell’umanità stessa. Come si può dunque insegnare all’essere umano a crearsi dei principi razionali ed aperti a partire da se stesso e non dalla massa?

 

FEDE: Per costruire dei principi che non crollino e allontanino l’uomo dal male, la razionalità non è sufficiente: occorre individuare un sentimento comune a tutti gli uomini opposto a quello che li porta a compiere azioni nocive nei confronti degli altri. Questo sentimento è ciò che viene chiamato Amore. L’uomo non deve aver paura di amare, specialmente se stesso, accettare difetti e limiti propri e altrui. Se riesce a liberare questo sentimento che fa desiderare il bene di sé e dell’altra persona, non sentirà più la necessità di opprimere il prossimo.

 

PIACERE: È difficile disgiungere l’amore che intendi tu da altre pulsioni che si possono annidare dietro questo apparente sentimento puro. Ad esempio spesso l’uomo maschera una mera attrazione sessuale alterando l’idea di amore che tu, Fede, hai appena definito. Credo che l’uomo debba essere sincero con se stesso e non nascondersi dietro ad ideali in cui non crede, ma lasciarsi andare a ciò che lo soddisfa materialmente. 

 

RAGIONE: Io ritengo che l’unica definizione di amore che possa costituire un aiuto per la formulazione di valori consista nella tolleranza e nel rispetto di tutte le opinioni, poiché queste sono potenzialmente fallaci ed errate. Ogni uomo dunque deve essere abituato fin dall’infanzia a far prevalere la Ragione sulle proprie pulsioni, a riconoscere una possibile verità in tutti i pensieri estranei ai suoi e a costruirsi da sé nuovi principi basati sulla razionalità che si pongano come fine ultimo il bene della razza umana. Il processo con il quale ognuno raggiungerà questa consapevolezza è lungo e pieno di ostacoli: spesso infatti l’uomo pretende di aver ottenuto una verità, in quanto per sua natura ha bisogno di certezze, al contrario l’unica cosa di cui deve essere certo è la sua ignoranza e non deve avere l’arroganza di possedere la verità. Per questo è necessario un cambiamento radicale della società che porti ogni individuo a fare della razionalità il proprio punto di riferimento. Si pone ora un altro problema: come e quando avverrà questo cambiamento? Sarà necessario un intervento dall’alto o è un obiettivo che la società può raggiungere spontaneamente?  

Federico Ciampiconi IV B, Matilde Dondi IV A, Nicholas Pieretti IV B