Pensieri sull'avvenire di Aurelio Peccei

Aurelio Peccei (Torino, 4 luglio 1908 – Torino, 13 marzo 1984) è stato un imprenditore italiano. Manager della FIAT, partecipò alla resistenza, fu imprenditore in Italia e all'estero. Nel 1968 riunì a Roma alcuni studiosi e insieme costituirono il Club di Roma. Da FIAT passò nel 1964 alla Olivetti, dove venne eletto Amministratore Delegato.

VITA

Aurelio Peccei trascorse a Torino la sua giovinezza dove si laureò in economia nel 1930. Successivamente si trasferì alla Sorbona di Parigi, dove fu premiato con un viaggio gratuito in Unione Sovietica. La conoscenza di molte lingue straniere gli permise di entrare in Fiat, nonostante fosse sospetto di anti-fascismo. Nel 1935 una sua fortunata spedizione in Cina, per conto della Fiat, gli permise di affermare la sua figura dirigenziale all'interno dell'azienda.

Durante la Seconda guerra mondiale Peccei fu coinvolto nel movimento anti-fascista e nella resistenza, dove fu membro delle "Brigate Giustizia e Libertà". La sua lotta durò fino al 1944, quando fu arrestato, incarcerato, torturato e giunse ad un passo dall'esecuzione, ma riuscì a resistere fino alla liberazione. Dopo la fine della guerra fu coinvolto in prima persona nel processo di ricostruzione dell'Italia del dopoguerra e si occupò di svariati progetti, sia di tipo pubblico che di tipo privato, tra cui la fondazione della prima compagnia aerea italiana, l'Alitalia. Nel 1949 accettò di trasferirsi in America Latina per conto della Fiat. Si stabilì in Argentina dove visse con la sua famiglia una decina di anni all'incirca. Grazie al suo ingegno capì le grandi potenzialità del luogo dove si trovava e riuscì ad aprire una filiale argentina della FIAT, la Fiat-Concord, che si occupava di produrre automobili e trattori. La filiale presto divenne una delle prime linee di produzione di grande successo in America Latina. 

Nel 1958 il potere economico della Fiat era in piena crescita, il che gli permise di fondare la Italconsult, una joint-venture tra i più famosi marchi italiani, non solo nel campo automobilistico, quali la Innocenti, la Montecatini e la stessa Fiat. La Italconsult si pose l'obiettivo di fornire consulenza economica e ingegneristica ai Paesi in via di sviluppo. Sotto di lui la società lavorò principalmente come un'organizzazione no-profit. Infatti, egli stesso le diede il compito di aiutare lo sviluppo delle popolazioni del Terzo mondo: la sensibilità di Peccei verso le popolazioni meno fortunate si spiega con il fatto che avendo egli trascorso molti anni in Sud America, si era reso conto prima di altri delle situazioni estremamente disagiate in cui vivevano le popolazioni locali. Nel 1964 gli fu chiesto di diventare amministratore delegato della Olivetti, che già allora iniziava ad affrontare le prime difficoltà a causa dei profondi cambiamenti in atto nella produzione delle macchine da ufficio. Sotto la direzione di Peccei la situazione dell'azienda conobbe dei miglioramenti. Mantenne la carica fino al 1967. Peccei, non soddisfatto dei risultati ottenuti con Italconsult e con la presidenza dell'Olivetti, concentrò i suoi sforzi anche su altre organizzazioni, ad esempio la ADELA, un consorzio internazionale di banchieri di supporto allo sviluppo economico dell'America del Sud. Peccei ebbe l'onore di tenerne il discorso di apertura dei lavori, in spagnolo, nel 1965. Dopo quest'incontro, venne costituito un club che divenne famoso in tutto il mondo, chiamato Club di Roma.

Il Club di Roma è una associazione non governativa, no-profit, di scienziati, economisti, uomini d'affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di Stato di tutti e cinque i continenti. La sua missione è di agire come catalizzatore dei cambiamenti globali, individuando i principali problemi che l'umanità si troverà ad affrontare, analizzandoli in un contesto mondiale e ricercando soluzioni alternative nei diversi scenari possibili. In altre parole, il Club di Roma intende essere una sorta di cenacolo di pensatori dediti ad analizzare i cambiamenti della società contemporanea e a proporre soluzioni concrete ai nuovi problemi globali.

CENTO PAGINE PER L’AVVENIRE (Editore Mondadori, Roma 1981)

All’alba dei tempi tutti i giorni si presentavano uguali, gli uomini primitivi vivevano in modo precario, venivano esplorate terre sconosciute, venivano create leggende e miti per evadere dalla realtà, la Terra veniva considerata sacra e per questo era venerata e l’anima era l’unica cosa che contava davvero. Tutto cambiò con l’arrivo dell’uomo moderno. Ogni cosa iniziò bruscamente a cambiare e, grazie alle sue conoscenze molto sviluppate, cercò di prevedere, almeno in parte, l’avvenire; ma questo spesso gli si ritorcerà contro. Noi abbiamo ben pochi elementi per riuscire ad anticipare quello che verrà, una volta potevamo almeno essere sicuri riguardo alla forza rigeneratrice della Natura, ma oggi non più, perché noi l’abbiamo demolita. Per riuscire ad andare avanti bisogna apportare dei cambiamenti radicali, non basandosi troppo sul passato, altrimenti finiremo per retrocedere. Il futuro è un prodotto completamente dell’uomo, quindi sarà tutto nelle sue mani. L’uomo è diventato artefice del proprio destino. 

L’uomo fece la sua comparsa sulla terra, circa un Milione di anni fa, sconvolgendola, e riuscì, grazie alle sue grandi capacità, a guadagnarsi il primato sopra tutte le altre specie. Dopo un primo periodo di vita tranquilla, verso la metà del XVIII secolo il mondo cominciò ad entrare in effervescenza. Ci furono numerose rivoluzioni e l’uomo iniziò a guadagnarsi un potere esorbitante e ciò cambiò drasticamente la sua vita. Ora non si accontenta più del pianeta in cui vive, ma sta iniziando ad aggirarsi anche nei suoi dintorni. Uno dei comportamenti che l’uomo sta manifestando violentemente è “l’insaziabilità”.  L’uomo sta diventando insaziabile e per questo sta iniziando a distruggere le distese del globo, e a peggiorare ulteriormente il tutto è anche la crescita esponenziale della popolazione, che sembra non voler rallentare. La Natura però non si sa se di questo passo riuscirà a saziare le esigenze di tutti, a causa dello sfruttamento selvaggio delle proprie risorse naturali. Oltretutto grandi masse di gente si sta spostando dalla campagna alla città e quindi l’urbanizzazione raggiungerà livelli allucinanti. 

Quindi abbiamo compreso che la condizione dell’uomo è grave, ma può essere migliorata attraverso l’applicazione di nuove basi per quanto riguarda i rapporti con la biosfera, l’imposizione di vincoli più rigidi nei rapporti con i nostri simili  e un essenziale rivoluzione culturale. Quindi è necessario un enorme salto per poter sopravvivere in questa situazione. Si sperava in un cambiamento negli Anni ’60, che purtroppo non è avvenuto. Alla fine di questo decennio la situazione è radicalmente peggiorata. Il Club di Roma (associazione che era stata creata proprio per riuscire a far fronte a questa situazione e cercare di renderla meno catastrofica) è stato accusato di essere allarmista, quando in verità era solo realista. 

Arrivati a questo punto il mondo ha subito un continuo declino, che sta procedendo a ritmo accelerato, e nessuno sembra avere intenzione di agire seriamente per fronteggiare questa situazione. I fattori che hanno causato questo declino sono principalmente l’esplosione demografica, l’assenza di piani e programmi tali da soddisfare i bisogni essenziali delle persone, la devastazione e degradazione della biosfera   (sfruttata eccessivamente), la crisi economica mondiale, la corsa agli armamenti (causati da una militarizzazione progressiva), i mali sociali profondi e trascurati, l’anarchia dello sviluppo tecnico-scientifico (elevato come fine a sé stesso), le istituzioni vecchie e sclerotizzate (che non hanno seguito l’evoluzione e ora sono del tutto inadeguate), le tensioni Est-Ovest e le fratture Nord-Sud che rendono il mondo ingovernabile e la carenza di leadership in campo morale e politico (loro non sanno elevarsi al di sopra delle loro ideologie e credenze, nessuno parla espressamente dell’uomo che ora rimane solo). 

Non è possibile stabilire con certezza quando inizieranno le vere e proprie catastrofi, ma per evitarle è necessario, anzi indispensabile, un cambiamento da cima a fondo. Tutto dipende sempre e comunque dall’uomo (“il problema sta dentro di noi non fuori di noi”). Il Club di Roma fu il primo ad aprire il dibattito riguardo a questa situazione e cercare di offrire delle soluzioni, affermando che le nostre generazioni hanno perso il senso dell’insieme. Ora come ora bisogna concentrarsi pienamente sulla figura dell’uomo e cercare di raddrizzare quanto più possibile la situazione. Abbiamo capito dunque che non è possibile predire il futuro, ma lo si può inventare/modellare, sempre rimanendo sul piano della realtà.

Guardando il futuro con le tendenze del presente risulterebbe oscuro e tempestoso. Si dibatte dunque su chi debba agire (quindi il popolo) e su cosa esso debba fare.  Riguardo a cosa fare le ipotesi sono chiare: attuare politiche e strategie globali e mettere il mondo in condizioni di governabilità, imparando prima a governare noi stessi. Riguardo a quando l’umanità dovrà fare questo sforzo enorme la risposta è più che ovvia, ossia il prima possibile, perché l’umanità si trova già in condizioni critiche. Vengono proposte due soluzioni differenti su cosa cambiare per rendere il mondo più vivibile. La prima soluzione afferma che bisogna cancellare gli squilibri mondiali, assicurare sviluppo economico armonioso e porre le basi per una pianificazione globale. L’altra propone il trasferimento di risorse ai paesi sottosviluppati, una strategia internazionale dell’energia, un programma mondiale dell’alimentazione  e riforme di base al sistema economico. 

In generale sembrerebbe che si stia iniziando a capire la necessità di apportare un grande cambiamento per migliorare il nostro futuro. Il Club di Roma, per promuovere l’utilizzo delle capacità dell’uomo in modo più ampio, ha preparato un progetto che si articola in tre punti: creare un movimento che si articola su basi il più ampie possibile, promuovere l’elaborazione di progetti alternativi mobilitando la creatività dei giovani  (i giovani oltretutto dovrebbero essere coinvolti di più nelle decisioni poiché saranno loro a diventare i protagonisti del mondo di domani) e il rinnovamento del pensiero attuale: “Se l’azione collettiva di tutte le nazioni e di tutti i popoli, sarà intelligente e responsabile, la parte più bella dell’avventura umana non è ancora iniziata!”

Caterina Piferi IV A LSO