BIOGRAFIA DI ERNESTO BALDUCCI
Ernesto Balducci, nato il 6 agosto 1922 a Santa Fiora e morto a Cesena il 25 aprile 1992, è stato un presbitero, editore, scrittore e intellettuale italiano.
Membro dell'ordine degli Scolopi, fu una delle personalità di maggior spicco nella cultura del mondo cattolico italiano nel periodo che accompagnò e seguì il Concilio Vaticano II.
Il suo luogo di nascita, Santa Fiora, un paese di minatori sul Monte Amiata, fu sempre considerato da Balducci un'ispirazione basilare per la sua formazione umana, civile e religiosa, in una chiave politica attenta alle istanze di giustizia dei più poveri, dai minatori dell'Amiata agli emarginati delle città e del Terzo mondo.
«Mi sono spesso domandato che ne sarebbe stato di me se fossi nato in una città chiassosa e illuminata, in una tranquilla famiglia borghese. Ma sono nato nel silenzio di un paese medioevale, sulle pendici di un vulcano spento e in una cornice umana dove era difficile discernere il confine tra la realtà e la fiaba. Sono cresciuto avvolto in un silenzio che mi dava spavento e mi avvezzava ai contatti col mistero. È stata una grazia? È stata una circostanza casuale che ha condizionato la mia libertà per sempre? Queste domande si spengono nel silenzio e cioè nel giusto posto» scrive Balducci.
Primo di quattro figli, entrò da ragazzo negli Scolopi, fu ordinato sacerdote il 26 agosto 1944 e subito inviato nella Firenze liberata, dove insegnò nelle Scuole Pie Fiorentine e si laureò in Lettere nel 1950.
Nei primi anni del 1950 fondò il "Cenacolo", un'associazione che univa l'assistenza di tipo caritativo a una forte attenzione ai problemi politici e sociali nonché ai temi teologici e spirituali. Negli anni 1970 fu uno degli artefici del dialogo con il mondo legato al Partito Comunista Italiano in nome dell'abbattimento di molte frontiere culturali e politiche. La sua delusione per quel che riteneva un mancato rinnovamento ecclesiale e religioso, lo portò a un sempre più marcato distacco dai temi della riforma ecclesiale. Rimproverava alla Chiesa di essere rimasta troppo ancorata a una prospettiva ecclesiocentrica.
Negli anni Ottanta la riflessione di Balducci si allargò verso i grandi "temi planetari" dei diritti umani, del rispetto dell'ambiente, della cooperazione, della solidarietà e della pace, in una frontiera culturale tra credenti e non credenti. Morì nel 1992 all'età di 69 anni, a seguito di un grave incidente stradale.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO: “IL TERZO MILLENNIO”
Balducci si ispira a “La petite peur du siècle XX” di Emmanuel Mounier per affrontare il tema della civiltà industriale e per approfondire la condizione e il pensiero di un’umanità immersa in una situazione apocalittica.
“Non potrebbe essere, ecco dunque l’ipotesi, che in questo ultimo scorcio del millennio si riproponga all’uomo, come se fosse per la prima volta, il dilemma che gli si propose alle origini della sua storia culturale? Il dilemma è questo: è preferibile essere nati o non essere nati?”.
Ernesto Balducci parte quindi da una domanda fondamentale: la fine del secondo millennio sarà anche la fine del mondo? Il presentimento della fine cresce nel subconscio collettivo. Il mutamento climatico stravolge le solide certezze delle persone e il risveglio religioso ha sorpreso le istituzioni ecclesiastiche che ormai si erano rassegnate alla secolarizzazione della cultura e della vita. Dobbiamo ora capire se questo risveglio è mosso dalla paura o dal desiderio di nuovi modelli di vita. Come dobbiamo agire ora? Cosa ci aspetta?
Balducci fonda il suo discorso su quest’ultimo respiro verso l'universale. Gli ultimi attimi prima dell’anno mille sono stati un’infinita attesa della fine, la volontà di vivere si scontrava con la minaccia apocalittica e con il delirio della fine. Questa è la situazione che tutti noi adesso stiamo vivendo. Tutto è iniziato quando l’uomo ha inaugurato la trasformazione del cosmo secondo i progetti della ragione, che ci stanno ora conducendo alla fine e a una nuova minaccia apocalittica. Balducci in questo libro espone il suo pensiero analizzando le reazioni e le condizioni dell’uomo di fronte alla paura della fine. Quando l’unica prospettiva è un futuro di fine, l’uomo si rifugia in un’utopia quotidiana dove l’incertezza del domani è messa in ombra dalle necessità e dove Dio è soltanto una consolazione per le ferite superficiali.
Ci affidiamo quindi allo stato come unica salvezza e affoghiamo le nostre paure e il nostro terrore in un entusiasmo ideologico e patriota dove un individuo si sente parte di una totalità e non abbandonato al suo destino. Questo porta però a guerre e rivoluzioni che generano crisi e caos e quindi il delirio della fine prende di nuovo il sopravvento, creando un nemico invincibile comune a tutti: la realtà, che mette in luce tutte le ammaccature di un popolo e fa bruciare le ferite di una civiltà ormai senza alcuno scopo. Non c’è più collaborazione e sostegno, tutti si rinchiudono nella propria sfera privata, cercando invano di ignorare la fragilità del presente e l’inevitabile paura per il futuro.
Dobbiamo invece mettere in discussione il progetto tecnologico e tutto quello che ormai minaccia la nostra esistenza. Conosciamo già quello che sarà il nostro futuro se non agiamo subito e non possiamo ignorarlo e nasconderlo. Viviamo come se nulla stesse accadendo, come se fossimo immortali, fingiamo di avere una vita serena, ma ci avviciniamo sempre di più a un nuovo panico dell’anno mille. La nostra ragione e le sue invenzioni ci hanno portato alla crisi e alla situazione odierna. Dobbiamo cambiare rotta, lasciare da parte il pessimismo e iniziare ad avere fede nell’uomo e nelle sue capacità; se non lo faremo, saremo destinati alla morte. E’ difficile e soprattutto rischioso staccarsi e allontanarsi da un solido terreno culturale collaudato ormai da decenni, ma dobbiamo correre questo rischio, perché è storicamente necessario.
Disponiamo di grandi tecnologie, ma non abbiamo la coscienza per affrontarle e sfruttarle nel migliore dei modi, quando la tecnica trionfa la natura muore e viceversa. Siamo ormai diventati una minaccia per noi stessi, e non possiamo evitarlo. Ma le minacce alla sopravvivenza dell’umanità unificano il destino di tutti. L’autore afferma che dobbiamo imporre un rapporto di collaborazione fra uomo e uomo, fra civiltà e civiltà, fra cultura e cultura e in questo modo coltivare un obiettivo comune: la presa di coscienza del pericolo e la conseguente azione, basata sulla passione per l’impossibile.
In conclusione Balducci ribadisce che l’unica prospettiva che abbiamo è la morte e che l’unica soluzione per cercare di evitarla è cambiare l’intero corso della storia. Se osserviamo il passato, notiamo che tutto quello che oggi ci minaccia è stato quello che ha portato all’evoluzione, al miglioramento, allo sviluppo e alla gloria dell’umanità; per questo non riusciamo a capire che la situazione non è più la stessa, le innovazioni non ci conducono alla felicità e al progresso, al contrario, ci hanno condotto alla tragica situazione nella quale oggi viviamo. Aboliamo le norme morali repressive nella gestione del proprio corpo, aboliamo il sistema androcentrico e creiamo un equilibrato principio di vita tra sfera femminile e maschile, adottiamo la pace come nuovo stile di vita, superiamo il nazionalismo e infine attuiamo una rivoluzione energetica che si basi sull’utilizzo di energia pulita e sull’energia solare; queste sono le principali rivoluzioni che l’autore suggerisce per iniziare a cambiare il presente.
Attraverso la lettura di questo libro affrontiamo un viaggio, mettiamo in discussione noi stessi e la nostra formazione, ci immergiamo in una nuova visione del reale, mettiamo alla prova la nostra ragione in modo da riuscire a rivalutare il progetto tecnologico, le cui contraddizioni sono diventate ormai una minaccia estrema per la vita.
Adele Cerboni Bajardi IV A LSO
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