IVAN ILLICH: UN PROFETA POSTMODERNO

Ivan Illich nasce nel 1926 a Vienna. Fin da bambino studia molte lingue tra cui il francese, lo spagnolo, l’italiano e il greco. Frequenta la scuola superiore in Italia, precisamente a Firenze e nella stessa città inizia l’università. Nel 1944 si reca a Roma per studiare presso la Pontificia Università Gregoriana, accademia della Chiesa cattolica la quale prepara su tutti gli aspetti della fede cristiana cattolica: il suo intento è infatti quello di diventare prete. Negli anni successivi viene nominato presbitero e si trasferisce in America, a New York, per praticare questo servizio.

All’età di 30 anni viene eletto vicerettore di un’Università cattolica dello stato di Porto Rico. Nel 1961 fonda il CIDOC (Centro Intercultural de Documentacion) in Messico, un centro di ricerca finalizzato a creare corsi per i missionari statunitensi. Prende parte a due sessioni del Concilio Vaticano II: da qui a pochi anni inizia a scrivere e a pubblicare testi di critica alle istituzioni del tempo ed entra in conflitto con il Vaticano. Viene ammonito per i suoi testi, ma mai scomunicato: per sua volontà smette di celebrare le funzioni religiose. Per il resto della sua vita continua ad insegnare in alcune facoltà universitarie, compie numerosi viaggi, tiene conferenze e partecipa a molte iniziative ecologiste, fino a che non muore di tumore nel 2002.

Oggi lo ricordiamo per essere stato un grande scrittore, pedagogista e filosofo. Il tema principale dei suoi scritti è l’analisi critica di varie istituzioni a lui contemporanee.

Il libro “un profeta post-moderno” presenta un insieme di pensieri critici dell’autore ripresi dai suoi scritti originali ed è stato realizzato e pubblicato nel 2014 a cura di Angelo Gaudio. Questo testo si compone di cinque capitoli, i quali presentano tematiche differenti.

Il rovescio della carità (1969). In questo capitolo si racconta la carità dal punto di vista di chi la riceve. Il riferimento storico di cui parla il filosofo è la carità portata avanti dalla chiesa degli Stati Uniti a favore dell’America Latina. Illich scrive che questo apparente aiuto può risultare uno svantaggio alla crescita del Paese ricevente a causa della cultura diversa dei due Stati; lo svantaggio è ancor più incrementato se, come nel caso storico sopra citato, la carità viene utilizzata solamente per mascherare il dominante capitalismo americano esistente già dagli anni ’50. 

Il filosofo vede nel progetto degli americani un altro fine, quello di continuare a tenere sottomessi i Paesi più deboli, non permettendo loro di crescere e di esprimersi, facendo in modo che con la carità possano tenerli sotto controllo. La critica è rivolta allo Stato ma soprattutto alla Chiesa, la quale si fa da tramite per questioni esclusivamente politiche.

Rinascita dell’uomo epimeteico (1971). L’autore riflette sull’evoluzione che c’è stata nei rapporti dell’uomo con il mondo esterno. Gli uomini primitivi avevano un rapporto basato sulla speranza, l’uomo del mondo classico invece ha sviluppato una visione di aspettativa che si fonda sulle azioni e sull’organizzazione che lui stesso deve avere nei suoi comportamenti di vita. L’autore osserva invece che nell’età moderna l’uomo ha sviluppato una relazione con il mondo esterno totalmente passivo, poiché quello che gli sta intorno non è basato né sulla speranza né sull’aspettativa.

Viene fatta una critica all’organizzazione degli stati moderni, nei quali ogni cosa è plasmata e decisa dalle istituzioni. L’istituzione scolastica stessa è sbagliata, definita “il processo programmato che attrezza l’uomo per un mondo programmato […], il suo fine è di portare ognuno a un livello adeguato a poter svolgere una parte in questo gioco mondiale. Inesorabilmente coltiviamo, curiamo, produciamo e scolarizziamo il mondo per farlo morire”; come a dire che l’uomo contemporaneo, il quale non ha più un rapporto di speranza con la natura, produce e sviluppa cose che la danneggiano. Viene poi fatta una similitudine tra l’uomo contemporaneo e Prometeo, il quale si è fatto del male con le sue mani. Egli ha rubato il fuoco agli Dei per portarlo agli uomini così da riuscire a plasmare e lavorare il ferro… alla fine della storia Prometeo viene incatenato ad una roccia, con catene che lui stesso aveva permesso di creare. Il suo sviluppo gli si è ritorto contro proprio come quello dell’uomo. Il progresso ha portato l’uomo a una perdita di capacità critica; egli non ha più sentimenti di speranza come l’uomo primitivo e nemmeno quelli di aspettativa come l’uomo classico. Con il termine “uomo epimeteico” fa riferimento all’uomo che “crede più nella speranza che nell’aspettativa […], ama più la gente dei prodotti […], ama la Terra sulla quale tutti possono incontrarsi, […] collabora con il proprio fratello prometeico ad accendere il fuoco e a foggiare il ferro, ma lo fa per accrescere la propria capacità di assistere, curare e aiutare gli altri.”; il fratello di Prometeo era appunto Epimeteo, il quale sposò Pandora e si avvicinò alla terra.

Il mito dell’istruzione (1992). Il terzo saggio riporta un’intervista fatta all’Autore sui contenuti della sua critica al sistema scolastico moderno. Secondo lui questo anziché favorire lo sviluppo e i principi di uguaglianza tra i bambini, ne sottolinea invece le differenze e diseguaglianze. Un sistema scolastico con un alto grado di ragazzi che non terminano gli studi, piuttosto che integrare genera emarginazione perché di fronte all’insuccesso scolastico il ragazzo interiorizza un senso di non adeguatezza che lo accompagnerà poi per tutta la vita.

È molto critico rispetto un’istituzione scolastica che pianifica e standardizza i percorsi; vede questo modo di programmare il sistema scolastico come un peccato di presunzione. Secondo il suo punto di vista la scuola dovrebbe essere “una rete, o un servizio, che offrisse a ciascuno la stessa possibilità di mettere in comune ciò che lo interessa in quel momento con altri che condividono il suo stesso interesse”.

La sfera educativa (1979). In questo saggio Illich per spiegare la sua concezione di una sfera educativa che deve essere vista come unico contesto con le altre sfere (sociali, politiche…) fa un parallelismo con quello che è stato lo sviluppo delle scoperte astronomiche, dal medioevo ai giorni nostri. Negli studi astronomici, per i quali nei tempi antichi si pensava che ogni pianeta era contenuto in una sfera ed era un ambito isolato dagli altri, c’è stato uno sviluppo delle teorie più moderne con le scoperte di Keplero; la vecchia concezione che vedeva i pianeti contenuti in delle sfere ognuna appartenente al suo mondo viene superata. Non esistono più tanti mondi a sé stanti ma un unico cosmo dove questi pianeti sono immersi in uno stesso contesto. Questo è quello che Illich si auspica succeda tra la sfera educativa e le sfere degli altri ambiti.

Testo e Università (1991). In questo ultimo saggio Illich fa una critica al mondo accademico, dicendo che questo viene finanziato solo perché si spera in un tornaconto economico. Il pensiero critico dell’autore nasce in occasione del ventesimo anniversario della nascita dell’università di Brema, alla quale ricorrenza lui è stato invitato. L’università però in questi anni ha perso l’assunto sul quale era stata fondata, infatti i buoni propositi di vederla come laboratorio che pretende fedeltà al metodo scientifico, sono ormai superati e non attuali.

In seguito, il filosofo passa in rassegna la storia della lettura, di come prima dell’invenzione di Gutenberg il sapere veniva appreso tramite l’ascolto di un maestro, fino ad arrivare alla stampa di un libro. Con questa, ognuno ha iniziato a leggere per conto proprio, avendo la possibilità di rileggere il testo e farlo suo: questo principio è alla base dei testi dell’università. Essa nasce quando si hanno i libri a disposizione. Illich definisce l’università “un luogo al servizio del pensiero, della discussione e dell’apprendimento critico”, che riesce a “separare l’acquisizione della conoscenza dall’autodisciplina dei sensi”. Purtroppo, già ai tempi in cui Illich scrive il saggio, la tecnologia si stava sviluppando, creando problemi: infatti questa allontanava i ragazzi dalla lettura e in generale dal rapporto con i libri. Ciò che riporterebbe l’università a recuperare i principi sui quali era stata fondata, si può avere riavvicinandosi e dando più spazio alla lettura.

Martina Venturi IV A LSO