L’Autore
Barry Commoner (1917-2012) è stato un biologo, politico ed ecologo statunitense, nonché docente di fisiologia vegetale all'Università di Washington di St. Louis, nel Missouri.
Viene considerato come uno degli antesignani nello studio delle interazioni tra virus e cellule delle piante, riconosciuto per esser stato capace di accostare alla sua ricerca anche un profuso impegno nella risoluzione di problemi ambientali.
Fu noto anche per aver fondato nel 1966 il “Center for the biology of natural systems” di New York, un'organizzazione di ricerca con esperienza nell'analisi dei problemi ambientali, energetici e delle risorse e delle loro implicazioni economiche.
Il cerchio da chiudere. La natura, l’uomo e la tecnologia (1971)
L’intento da parte dell’autore, attraverso questo libro, è quello di sensibilizzare il pubblico riguardo ai processi chimici inquinanti che derivano dallo sfruttamento delle risorse naturali e informare sul loro relativo impatto ambientale. Infatti l’impoverimento delle risorse naturali porta come conseguenza una crisi di carattere ecologico ed economico. Egli pertanto si propone di rintracciare le cause della crisi ambientale partendo dalle manifestazioni di stress ecologico visibile nell’ecosfera, nella speranza che, una volta comprese le origini di tale crisi, si possa porre rimedio a questo dissesto.
Nelle prime pagine l’autore introduce una propria considerazione riguardo alla definizione di sistema ambientale. Egli infatti sostiene che l’intera ecosfera si presenti come un organismo dotato di straordinaria complessità, formato da innumerevoli componenti che nel loro insieme danno vita ad un’elaborata rete di scambi e informazioni. Tale sistema inoltre egli ritiene possa essere il risultato di un lungo processo evolutivo iniziato 4,4 miliardi di anni fa con la prima forma di vita terrestre. Propone poi un’esaustiva spiegazione della materia che prenderà in esame: l’ecologia, accostando ad essa alcuni dei processi biochimici fondamentali che governano l’intero sistema ambientale. Secondo lui tali nozioni possano essere riorganizzate in quattro “leggi ecologiche”.
La prima legge ribadisce l’esistenza di una complessa connessione tra le varie componenti dell’ambiente, e come la sfera naturale sia resa stabile grazie a dinamiche di autocompensazione presenti nel suo sistema. Tali peculiarità consentono all’ecosistema di correggere eventuali squilibri che possono venirsi a creare, purché questi siano di piccola entità.
La seconda legge è quella secondo cui niente in natura scompare, ma avviene semplicemente un trasferimento della sostanza da un luogo a un altro, una variazione di forma molecolare che agisce sui processi vitali di ogni organismo. Verrebbe naturale ora pensare alla miriade di rifiuti inorganici che quotidianamente vengono rilasciati nell’ambiente per azione dell’uomo, all’inquinamento che risulta sempre più deleterio per l’ecosistema. Pertanto ogni cambiamento di una certa consistenza creato dall’uomo nel sistema naturale ha tutte le probabilità di risultare dannoso per il sistema, come spiega appunto la terza legge dell’ecologia.
Quanto detto può essere riassunto in un’ultima legge: lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dell’uomo nell’ecosistema (sottrazione) comporta una restituzione che avverrà nel tempo ad un prezzo piuttosto alto.
Il massiccio utilizzo delle risorse ha prodotto nel tempo i seguenti risultati: lo smog fotochimico in molte aree metropolitane, l’inquinamento delle falde acquifere, la pioggia radioattiva (fall out) causata da esperimenti nucleari.
Il primo esempio concreto citato dall’autore concerne la pioggia radioattiva (fall out) dovuta alla detonazione di un consistente numero di ordigni nucleari, da parte di Stati Uniti e Unione Sovietica, risalente al 1951. Le esplosioni si verificarono in aree remote e disabitate a scopo sperimentale; ma le radiazioni causate non furono limitate a zone ben circoscritte, come specificato dai governi. Difatti, come ci comunica Commoner, non soltanto le radiazioni si riversarono sotto forma di pioggia radioattiva in vaste aree metropolitane, ma si insediarono nuclidi radioattivi anche nel suolo, nelle acque e persino nei cibi. Ciò avvenne principalmente a causa di una particolare componente nociva, l’isotopo radioattivo Stronzio 90, il quale si associa inevitabilmente al calcio per determinate caratteristiche chimiche che presenta, trasferendosi dapprima nei vegetali, in seguito nel latte e nelle ossa, inserendosi infine all’interno della catena alimentare. Pertanto, qualsiasi esposizione alle radiazioni, se pur minima, comportava un certo rischio sotto forma di danno genetico o cancro. Fu di vitale importanza l’intervento di un comitato scientifico, coadiuvato da un gruppo di politici, consapevole degli innumerevoli rischi derivanti da tali esperimenti. Le sue argomentazioni e conclusioni determinarono la sottoscrizione di un trattato per la limitazione dei test nucleari da parte delle due superpotenze.
Commoner presenta come secondo esempio l’inquinamento legato all’aria di Los Angeles. Intorno al 1943 gli abitanti di Los Angeles notarono nella metropoli una nebbia biancastra che faceva bruciare e piangere rapidamente gli occhi: lo smog. Si ritenne che la causa del problema fossero le emissioni di anidride solforosa che erano ampiamente aumentate nella città a seguito dell’industrializzazione forzata indotta da necessità belliche. Per tenere sotto controllo queste emissioni, fu necessario imporre la conversione del carburante, che determinò una diminuzione del fenomeno fino al 1960. Si scoprì successivamente che non si trattava di un semplice smog, ma di uno smog fotochimico. Difatti l’azione della luce solare sugli inquinanti dell’aria provocava un’interazione tra azoto e ossigeno che dava luogo a ossidi di azoto. Questi ultimi, combinati con composti chimici eliminati dai tubi di scappamento, creavano uno smog nocivo. Si dimostrò così che questa nebbia biancastra era causata non tanto dalle industrie, ma dai veicoli a motore, che nel 1957 si dimostrarono responsabili di circa l’80 per cento dell’emissione di idrocarburi. Grazie all’intervento di un funzionario sovrintendente della contea di Los Angeles, Kenneth Hahn, si riuscì a dare una svolta al problema degli agenti chimici inquinanti. Dopo aver sollecitato più volte aziende automobilistiche affinché riducessero drasticamente le emissioni degli idrocarburi nell’aria, nel1965 Hahn presentò un appello al presidente degli Stati Uniti. Fu grande l’esito. Tra il 1965 e 1968 le emissioni erano state ridotte da 1950 a 1720 tonnellate al giorno, i disturbi agli occhi diminuirono, il numero di giorni in cui il monossido di carbonio superò la soglia del pericolo passò da 58 a 6.
L’autore espone poi il problema riguardante il territorio dell’Illinois. Quest’ultimo è situato nella grande fascia geografica produttrice di cereali degli Stati Uniti, dove il grano, consumatore dell’azoto nel suolo, rappresenta il raccolto maggiore. A causa della coltivazione intensiva del territorio, si è registrato un notevole aumento di nitrati nel suolo, a partire dal 1950, altamente nocivi per l’uomo. Sappiamo che in natura l’azoto è assorbito dalle radici delle piante in gran parte come nitrato, che è gradualmente liberato dall’azoto accumulato nel terreno come parte dell’humus. Il processo avviene a opera dei batteri del suolo che trasformano l’azoto organico dell’humus in nitrato inorganico. Quando il suolo è intensamente coltivato e il raccolto viene asportato e venduto, invece di essere destinato al nutrimento degli animali, la riserva di azoto nell’humus necessariamente diminuisce. Per mantenere quindi lo stesso quantitativo di raccolto, è necessario fertilizzare ulteriormente il terreno con l’aggiunta di azoto inorganico artificiale; ma se questo processo è destinato a perdurare nel corso degli anni, occorreranno quantità sempre maggiori di fertilizzanti all’azoto per incrementare il raccolto. Tale processo aveva danneggiato non solo il suolo, ma anche le acque del vicino lago Decatur, alimentato dal fiume Sangamon, attraverso l’inquinamento da nitrato delle falde acquifere. Anche in questo caso fu significativo l’intervento del comitato scientifico, tra cui lo stesso Commoner, al fine di arginare tale dissesto. Numerosi biologi si adoperarono nello studio dei terreni dell’Illinois e presentarono i risultati dei test ai rappresentanti del ministero dell’agricoltura al fine di trovare una soluzione. L’esito fu l’introduzione di un provvedimento senza precedenti nell’agricoltura statunitense: una regolamentazione statale per l’uso dei fertilizzanti.
Gli esempi concreti citati dall’autore ci informano riguardo al precario equilibrio che governa l’intero sistema ambientale. Pertanto, è fondamentale il ruolo sociale che ricopre il movimento ecologista, dal momento che grazie al suo intervento a scopo informativo e divulgativo, ci esorta, e spesso obbliga, a tutelare e a migliorare l’ambiente naturale in cui viviamo, al fine di ricreare il tipico ciclo chiuso ed equilibrato della natura (senza rifiuti), evitando sempre più i cicli lineari e aperti tipici dell’industria (ricchi di rifiuti dannosi).
Giacomo Fontana IV A LSO
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