“LA TERRA E’ LA MIA PREGHIERA: Vita di Gino Girolomoni, padre del biologico”

Il Progetto

Durante l’anno scolastico 2019/2020 il nostro professore di filosofia e storia ci ha proposto di utilizzare l’ora di potenziamento che gli era stata affidata, per leggere e discutere insieme testi su “Origini e sviluppi del pensiero ecologista”. Durante il trimestre ci siamo dedicati alla lettura del libro “Pacem in Terris” di Papa Giovanni XXIII, mentre durante il pentamestre il professore ha pensato di far leggere a ognuno di noi il libro di un ecologista per poi riportarne il contenuto ai compagni oppure, date le circostanze, far scrivere ad ognuno una pagina di presentazione del libro. A me è stato assegnato un libro, scritto da Massimo Orlandi, che descrive tutta la vita di Gino Girolomoni. 

Gino Girolomoni: chi era? 

Gino Girolomoni era un imprenditore e saggista italiano, nato il 13 agosto 1946 nel comune di Isola del Piano (provincia di Pesaro e Urbino). È stato l’iniziatore dell'agricoltura biologica in Italia ed un punto di riferimento per la sua esperienza e conoscenza dei problemi ecologici italiani. Ha fondato nel 1977, insieme alla moglie Tullia, la “Cooperativa Alce Nero” e nel 1996 la rivista d’indirizzo ecologista e interculturale “Mediterraneo”. È scomparso nel 2012 all'età di 65 anni, colpito da infarto mentre si trovava nei locali della cooperativa "Alce Nero”.

Gino Girolomoni: vita e pensiero

Il libro racconta la storia e la vita di questo “monaco” -contadino che vive l’affetto per il lavoro agricolo come contatto vivo e vivificante con il creato. Ma per raggiungere questo equilibrio, in cui fede e vita agricola non sono separate, egli dovrà fare un percorso in cui vive delle situazioni che lo cambiano profondamente. 

Nel 1952 parte per il collegio in cui rimane per 12 anni e da cui esce con il diploma di perito meccanico. Viene, quindi, strappato alla vita contadina a cui è ormai legato, e prova un senso di disagio in quell’ambiente di limiti e segregazioni. Una volta tornato però ai suoi campi, instaura un rapporto profondo con la terra e inizia a interessarsi alle problematiche più urgenti della campagna: l’abbandono dei campi e l’uso di sostanze nocive. Entrambi nascono dall’atteggiamento dell’uomo di conquistare il mondo senza pensare che così lo distrugge. Da queste sue osservazioni, nascono in lui dei dubbi che lo portano a dover sottoporre a esame perfino le sue convinzioni spirituali. Infatti nel 1967 legge un passo della Bibbia da cui comprende che la fine del mondo umano in realtà corrisponde con un nuovo inizio: il ritorno di Gesù. Rafforza la sua fede in Dio e stringe anche amicizia con il teologo Sergio Quinzio. 

Grazie al padre, che aveva deciso di mandarlo in collegio, entra nel mondo del lavoro e finisce per trovare un impiego fisso nelle ferrovie in Svizzera. Condotto dalla fede, si dimette e torna a casa, alla sua terra per fare il lavoro che in realtà ha sempre sognato: il contadino. Mentre tutti gli altri seguono la strada del progresso e scappano dalla campagna, lui sogna di tornarci. Nel 1970 viene eletto sindaco di Isola del Piano, carica che gli permetterà di far entrare la campagna negli uffici del Comune e di restaurare il vecchio monastero di Montebello, ormai diventato un rudere. Egli possiede dunque il tratto essenziale del monaco: cerca il “monos”, l’unità fra cielo e terra. 

L’industria in quel periodo sta calpestando l’agricoltura, una cultura che secondo lui non deve essere dismessa. Il suo obiettivo è dunque quello di restituire ai contadini la fierezza del loro mestiere. Dà vita a iniziative di valorizzazione del mondo rurale e artigiano che mettono in luce i valori del mondo agricolo che vanno via via perdendosi: solidarietà, manualità e rispetto della natura. Nelle città, con il crescere delle industrie, il sistema di vita diviene incontrollabile e invivibile. A questo punto Gino si pone un nuovo obiettivo: capire chi sia la causa di questa autodistruzione, e trova in coloro che distruggono la campagna gli stessi che creano le condizioni per annientarsi. 

“All’improvviso, un giorno cominciò ad impossessarsi di me una forte inquietudine, sentivo quella natura che fino allora era ‘felice’ urlare di paura: nelle campagne vicine avevano cominciato a spandere il nitrato ammonico prima delle semine per avere raccolti più abbondanti”.

Egli, dunque, pone al centro la campagna e l’importanza di un ritorno alle origini, al fine di contribuire alla salvaguardia del mondo e degli esseri umani, insomma del Creato.

La vita di Gino Girolomoni ha una svolta nel 1974, quando incontra per la prima volta Ivo Totti, proprietario di un’azienda biodinamica. Insieme a Ivo fa le prime esperienze di agricoltura biologica e dalla loro amicizia nasce una collaborazione che vede Gino come il continuatore del lavoro dell’amico. Nel 1977 nasce la cooperativa agricola “Alce Nero”: un progetto rivoluzionario che consiste nel coltivare la terra e nel custodire la natura, e che vede l’uso di un nuovo metodo di coltivazione, il biologico. Gino infatti spiega che con l’agricoltura biologica non solo si fa del bene alla terra; ma, crescendo, potrà anche permettere ai contadini di vivere su e grazie ad essa. Il biologico diventa un vero e proprio nuovo stile di vita che resiste alla vita industriale ed è espressione della relazione benefica tra la terra e chi la coltiva.

La filosofia e il pensiero ecologista di Gino, quindi, si possono suddividere in tre aspetti.

L’AGRICOLTORE BIOLOGICO. Essere un agricoltore biologico vuol dire non praticare la monocultura nei propri terreni, vuol dire non usare diserbanti, pesticidi, concimi chimici. Vuol dire allevare bestiame curando il suo benessere, alimentazione sana, spazi liberi, se sta male curarlo con la medicina omeopatica. L’agricoltore biologico è un agricoltore che vuol fare bene il suo mestiere, che vuol produrre qualità e non solo quantità.

IL CONSUMATORE BIOLOGICO E LA SOLIDARIETÀ. Il consumatore che cerca cibi biologici è un cittadino che si rende conto di tutto ciò, che ama i propri cari, specialmente i piccoli e con le sue scelte quotidiane vuole privilegiare i produttori biologici, nonostante questi cibi costino di più. Il consumatore biologico è un cittadino attento a tutto ciò che è giusto, in genere si cura con le medicine dolci (omeopatia, erboristeria), è favorevole alle energie rinnovabili, richiede i prodotti del commercio equo e solidale. 

IL BIOLOGICO COME UNICA BARRIERA CONTRO GLI OGM. Gli agricoltori e i consumatori biologici, forse proprio grazie all’alimentazione sana che praticano, hanno mantenute intatte le capacità di scegliere ciò che è buono e ciò che non lo è. Infatti sono fortemente contrari alla coltivazione e alla libera circolazione dei cibi OGM. Non credono alla favola che sostiene siano utili a vincere la fame nel mondo, ma li vedono come un ulteriore danno al patrimonio genetico del pianeta e un prepotente mezzo per il controllo e la proprietà del cibo.

“La nostra agricoltura biologica – recita lo slogan della cooperativa Alce Nero – non è soltanto un metodo agronomico che evita l’uso di concimazioni sintetiche, pesticidi, monocoltura, ma una concezione diversa di intendere la vita di un territorio con la sua storia, la sua agricoltura, le sue piante, gli animali e l’uomo”.

Girolomoni e gli altri soci della cooperativa costruiscono la loro azienda attorno al monastero che era stato precedentemente restaurato e che sarà completato solo nel 2009. Il progetto “Alce Nero”, però, porta con sé complicazioni burocratiche con lo Stato Italiano, soprattutto in merito all’uso della parola “integrale” nella pasta da loro prodotta. Girolomoni infatti affermava la necessità di conservare le fibre (la parte migliore del grano) nella lavorazione della farina. Una volta superata questa difficoltà, l’Azienda inizia a fiorire e a valorizzare e a promuovere l’uso del metodo biologico. Vengono aperti i primi negozi, prima a Urbino e poi a Fossombrone. A partire dal 1989 il commercio dei suoi prodotti viene esteso prima ai Paesi europei e poi a tutto il mondo. Nel 1999 Girolomoni si impegna nuovamente in politica, entrando nel direttivo Nazionale dei Verdi per difendere il biologico e denunciare la diffusione degli OGM.

Il 6 giugno 2009 muore Tullia, sua compagna di vita, dopo una lunga e sofferta malattia. La raggiungerà poi lui stesso il 16 marzo 2012. 

Conclusione

Gino Girolomoni vive una vita basata sulla fede e sul rispetto della natura, una vita che dovrebbe essere un modello per tutti noi. Tutti dovremmo sperimentare questo “ritorno alle origini”, per valorizzare ciò da cui proveniamo e ciò che ci sostenta: la nostra terra. Quella terra, che ora stiamo mandando in rovina e stiamo sostituendo con cemento e coltivazioni industriali, dovrebbe essere ora la nostra priorità, poiché è l’unica cosa che ci può salvare dall’autodistruggersi. Durante la sua esistenza Girolomoni percorre una strada che sebbene tortuosa e piena di ostacoli, lo ha reso il grande uomo che è stato: un uomo che chiedeva ai suoi compagni «di smettere di esistere per cominciare a vivere» e che nel cuore portava una certezza antica: «Vedi, amico, il grano è come Gesù Cristo. Non ti tradisce mai».

Corrado Tinti IV A LSO