La ricerca della verità per Manzoni

Una delle caratteristiche più importanti nella poetica e nelle opere di Alessandro Manzoni è l’adesione al vero. Come ben sappiamo, egli è uno dei principali esponenti del Romanticismo. I temi che ci aspetteremmo di trovare nella sua poetica, come l’evasione dal reale, l’irrazionale, il sogno e la tensione verso l’infinito, tutti molto cari a Leopardi, sono assenti. Manzoni, infatti, intende a fare delle sue opere un filtro della realtà stessa: la sua poetica attinge ad eventi reali, situazioni ed episodi concreti, grazie ai quali si ricostruisce la psicologia dei vari personaggi.

In Pensare con le parole: saggio su Alessandro Manzoni poeta e filosofo di Rita Zama si legge che <<la ricerca della verità si sostanzia nella ricerca della verità sull’uomo>> e ancora <<l’antropologia e la poetica costituiscono per Manzoni un’unità inscindibile>>. Non possiamo mettere in dubbio quanto affermato: Manzoni, con il suo Romanticismo, non vuole creare un mondo poetico di evasione, né ergersi al di là del reale per sprofondare nel mistico e nell’ignoto; ciò che gli sta veramente a cuore è mettere a nudo l’uomo stesso, scandagliare la natura umana in tutte le sue sfaccettature, mettendone in luce le relative debolezze e criticità. E’ proprio per questo motivo, dunque, che Manzoni vuole essere quanto più possibile vicino al vero e, per essere fedele alla realtà, decide di attingere alle fonti storiche. In Adelchi, ad esempio, Manzoni riprende le vicende tra i Franchi e i Longobardi in Italia nell’VIII sec. per ricostruire la psicologia dei personaggi più importanti: è ben evidente il dramma di Ermengarda, figlia di Desiderio, re dei longobardi, morta per il dolore causatole da Carlo Magno, e di quello di Adelchi, il quale assiste impotente alla disfatta dell’esercito longobardo. Anche ne Il Conte di Carmagnola, Manzoni si ispira ad eventi concreti e storici per descrivere con grande compassione la triste vicenda del capitano di ventura Francesco Bussone, accusato ingiustamente di tradimento e condannato a morte dai veneziani.

A Manzoni sta molto a cuore rappresentare la parte più umile della realtà: ne I Promessi Sposi è ancora più evidente il suo interesse per i vinti e gli oppressi, ovvero per quella che, fino ad allora, veniva spesso chiamata la “feccia della società”. Non si vergogna di certo di mettere in luce una realtà buia, cruda; non ha paura di denunciare i mali che affliggono la società. E proprio con la scelta del romanzo storico, Manzoni mescola i vari stili, rompe con le convenzioni della tradizione che prevedevano “unità di spazio, tempo e azione” e si avvicina in modo impressionante alla realtà storica. Nello stesso saggio si legge che <<ne I Promessi Sposi nessun personaggio è del tutto negativo o positivo, al contrario, ognuno di loro è caratterizzato dalla compresenza di tratti appartenenti a campi semantici opposti>>.

I suoi personaggi non sono statici e fissi, ma dinamici, si arricchiscono delle esperienze che vivono, fanno tesoro dei loro errori e degli insegnamenti che hanno ricevuto dalla vita: essi non sono eroi, provano le nostre stesse emozioni, sono fragili e pieni di dubbi quanto noi.  Non possiamo, dunque, non riconoscere a Manzoni il merito di aver rotto in maniera incisiva con la tradizione del passato, avviando la stagione più originale del romanzo, che tratta una materia tutta nuova: la realtà in quanto tale, in tutte le sue forme.

Sirocchi Federico, V A LSO