Il piazzale era vuoto. L’unico sulla panchina era lui. A quell’ora la gente riposava al buio, al riparo dall’afa. La sua pelle bruciava sotto il sole d’agosto. L’aria era immobile, solo qualche cicala si muoveva fra le chiome verdi smaltate e cantava all’ombra. La corriera stava arrivando. Timbrò il biglietto, ma l’autista non lo guardò neanche, sudato e stanco com’era. Davide la musica non l’ascoltava quasi mai, gli piaceva catturare le cascine che scorrevano lungo la strada o i campi coperti di girasoli e vederli trasformare con l’alternarsi della stagione. Era bello che rimanessero sempre gli stessi. Poi il buio della galleria. Quando usciva Urbino lo guardava dall’alto. Le case si arrampicavano in fretta una sull’altra scottate dal sole che le illuminava. Lucia lo aspettava fuori al Mai Senza, il bar di santa Lucia. Lui era in ritardo e salì le scale mobili di corsa. 

-Eccomi- 

Lei non rispose. Fumava agitata e si mordeva il pollice. Sicuramente ne aveva una delle sue. 

-Allora, cosa avevi da dirmi?-. Davide era impaziente. Lo aveva fatto correre lì subito. 

- Ieri sono stata in agenzia-. Fissava un punto lontano dell’ospedale. Il cielo era blu e denso. 

-Avevi detto che non volevi andare da nessuna parte st’estate- . Cercava il suo sguardo. 

- Qui, Dado, non c’è niente per me. È tutto uguale – 

Lui capì all’istante. 

- Luci, ne avevamo già parlato. Tu resti qui, studi con me. - 

- Studiare per cosa? Non posso aspettare cinque anni e arrivare allo stesso punto in cui sono adesso- 

- Non puoi andartene- 

Lei attese qualche secondo. Fumò ancora. 

-Domani parto. Ho già il biglietto di andata per Londra- 

Davide si sentì crollare i muri addosso. Le mani gli sudavano. 

-Ma la tua famiglia? Le tue amiche? Ci sei nata a Urbino-. E tese il braccio verso l’ospedale e l’orizzonte di colline e case, puntando a quella di lei, là da qualche parte tra i campi e le stradine dove era cresciuta. 

- Non ci voglio morire qui- . Le parole furono così affilate che tagliarono l’aria e spezzarono la sicurezza di Davide. Se le sarebbe ricordate per sempre. 

- Magari dopo gli studi possiamo partire insieme. Con la laurea troveremo lavoro all’estero…- . Ma non sapeva neanche lui cosa stava dicendo. 

- Sono stufa di aspettare- . Gettò la sigaretta e la spense per terra. 

- Ho già preso in affitto un piccolo appartamento e appena arrivo cerco lavoro. Preferisco lavorare là piuttosto che qua. Almeno lì incontro gente, vedo cose nuove. Invece qui…qui so già cosa mi aspetta -. Si fermò un attimo. Gli prese la mano.- Dado io non sono come te. Tu sai già chi sarai. Farai farmacia e lavorerai con tuo padre e va bene così. Io devo andare via.- 

Se n’era quasi dimenticato. – E noi? - 

Seguì il silenzio. Adesso lui la guardava dritto negli occhi. Sembrava che gli stesse chiedendo aiuto, che volesse piangere e non sentire il peso della scelta che la soffocava. Ma lui ritirò le sue mani. Era già troppo lontano per capirla.

 

Eleonora Cacciola, Martina Venturi, IV A LSO