Novembre 2018 - Silvestre de la Toba Camacho, responsabile della Commissione per i diritti umani, è stato assassinato in California. Nell’agguato costato la vita a Camacho sono rimasti feriti in modo grave la moglie e i due figli: la famiglia era a bordo di un’auto intercettata da un commando che ha aperto il fuoco.
La Baia messicana è sempre stato un luogo di relax che con il passare del tempo si è sovrapposto ad uno dei principali corridoi della droga diretti verso gli Stati Uniti.
Il controllo dello spaccio e del «traffico» narcos di questa zona è conteso da diversi gruppi criminali, il cartello di Tijuana, quello di Sinaloa e di Jalisco.
La guerra alla droga in Messico vede la propria origine alla fine degli anni ‘80 quando la polizia messicana è riuscita ad arrestare Miguel Ángel Félix Gallardo, che in quegli anni controllava tutto il commercio illegale di droga in Messico e nei corridoi del confine Messico-USA. Il governo messicano ha sempre tenuto un atteggiamento generalmente passivo negli anni 90 e nei primi anni 2000. La situazione però è cambiata l'11 dicembre 2006, quando è stato eletto presidente Felipe Calderón il quale subito inviò 6.500 soldati federali nello Stato di Michoacán per porre fine alla violenza dei narcotrafficanti. Questa azione è considerata la prima grande operazione contro la criminalità organizzata in Messico ed è generalmente vista come il punto di inizio della guerra tra il governo e i cartelli della droga. Col passare del tempo, Calderón ha continuato a portare avanti in maniera massiccia la sua campagna antidroga, nella quale sono oggi coinvolti 45.000 soldati, oltre alle forze di polizia statali e federali.
Il 26 aprile 2008 ebbe luogo uno scontro tra i membri del cartello di Tijuana e quelli del cartello di Sinaloa, nella città di Tijuana, in Baja California, che lasciò sul terreno 17 morti. Nel marzo 2009 il presidente Calderon inviò altri 5.000 soldati dell'Esercito a Ciudad Juárez, dove la situazione stava esplodendo a causa di una sanguinosa guerra tra il cartello di Sinaloa e il cartello di Juárez per il controllo della zona al confine con gli Stati Uniti. La città di Juarez è stata per 4 anni la città con il tasso di omicidi più alto al mondo, tanto da guadagnarsi il nome di "Murder City", con una media di circa 9 assassinii al giorno (3.200 nel 2009). Altra zona caldissima è la frontiera con gli Stati Uniti sul Golfo del Messico (frontiera Cica). Da sempre sotto il controllo del Cartello del Golfo, dal 2003 ha subito anche l'influenza degli ex militari dei Los Zetas assoldati come braccio armato del Cartello del Golfo. Intorno all'ottobre del 2009 avvenne la separazione tra i due gruppi culminata poi con l'uccisione da parte di un capo del cartello del Golfo, Samuel Flores e di un luogotenente degli Zetas. Ci furono poi una serie di attacchi del Cartello del Golfo contro gli Zetas a San Fernando, Valle Hermoso, Ciudad Miller e altre zone degli stati del Tamaulipas e del Nuevo León. Durante le settimane degli scontri gli abitanti di quelle zone subirono brutalità portate avanti da entrambi gli schieramenti. Soprattutto in questa zona non è tanto il numero degli omicidi a sconvolgere ma la brutalità delle esecuzioni e la mutilazione dei cadaveri, a cui vengono asportate teste o mani e poi appesi a pali della luce, ad alberi o a ponti stradali.
Dal 2012 gli Zetas controllano interamente i due stati sopracitati, mentre al Cartello del Golfo restano soltanto le città di Matamoros e Reynosa. Messo alle strette, il Cartello del Golfo ha stretto un'alleanza con l'altro cartello dominante in Messico, il cartello di Sinaloa del famigerato Chapo Guzman, fresco vincitore della sanguinosa guerra di Juárez e Tijuana.
Lo scontro sta continuando nelle regioni del Golfo con inaudita violenza anche se non se ne parla a causa di minacce ai giornalisti.
I dati diffusi dai media sostengono che dal 2012 al luglio scorso le vittime del crimine organizzato sono state oltre 104.062, cifre alla quale bisogna aggiungere le migliaia di sparizioni.
Luca Riminucci, III C LSA
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