Il silenzio che uccide

John ha picchiato Mary.

Mary è stata picchiata da John.

Mary è stata picchiata.

Mary è maltrattata.

 Mary è una donna maltrattata.

 

Guardando il video https://www.youtube.com/watch?v=KTvSfeCRxe8 di Jackson Katz su YouTube, che cita il lavoro della linguista femminista Julia Penelope, ti accorgi del modo in cui l’attenzione della società viene posta sulla vittima, escludendo completamente il responsabile dalla frase ed eliminando quindi la voce attiva. Proprio per questo, non ti chiedi perché John abbia picchiato Mary, ma piuttosto cosa lei abbia fatto per provocare in lui tale aggressività.

Alle donne è stato insegnato fin dalla nascita ad accettare la mancanza di un proprio posto nella società attraverso costrutti linguistici. Le donne devono parlare di questo problema, perché non è solo il loro, ma di tutti. Difenderla nel momento in cui l’uomo la picchia è un modo molto ingenuo di pensare di portare un cambiamento nella società. Per esempio, quando un uomo è con degli amici e uno di loro fa un commento sessista sulle donne, invece di ridere o di fare finta di non averlo sentito, dovrebbe riprenderli. Il silenzio è una forma di complicità e consenso, perché, come disse Martin Luther King “alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”.

Abbiamo bisogno di più individui pronti a rompere il silenzio, a parlare e ad affrontare questo problema.

Vorrei chiedere un favore ai nostri lettori: non permettete ai vostri  fratelli o amici di  chiamare le ragazze “puttane”, perché non lo sono, perché invece un giorno un bambino potrebbe pensare che sia vero. Dobbiamo far sì che il più grande pericolo non sia essere nata femmina.

 

Gvosdiezcha Tatiana, III C LSA