Yemen: una guerra che divide

Lo Yemen è situato a sud della penisola araba, ed è considerato uno tra i paesi più poveri al mondo, con condizioni di sottosviluppo e una guerra ancora attuale che sta solo peggiorando la situazione.

Il nord dello Yemen divenne indipendente dall’Impero ottomano turco nel 1918. In questa parte di territori, nel 1962 fu proclamata la Repubblica Araba dello Yemen. Invece il sud del paese era occupato dalla Gran Bretagna già dal 1839 dove aveva stabilito come capitale la città-porto di Aden, che amministrava l’intera colonia. Però nel 1967 un movimento indipendentista autoctono insieme all’appoggio dell’Egitto riuscì, 3 anni più tardi, a cacciare i Britannici da questi territori, fondando la Repubblica Popolare dello Yemen d’ispirazione marxista.

Dopo circa 20 anni le due repubbliche si unirono in un unico stato, purtroppo questa convivenza non fu priva di problemi e malcontento. Infatti i tentativi di secessione da parte degli abitanti dei territori del Sud dello Yemen erano iniziati già dal 1994,quando ufficiali dell’esercito e politici del Sud d’ispirazione marxista erano insorti chiedendo l’indipendenza dallo Stato centrale Yemenita. Tale tentativo venne subito represso dall’esercito governativo.

La data ufficiale che si prende in considerazione per l’inizio dell’attuale conflitto bellico, invece, è il 19 marzo 2015 che in verità non corrisponde a quella reale, poiché già nel 2004 la minoranza degli Huthi, d’ispirazione sciita, (un gruppo armato islamista formatosi nel zona a nord-ovest del paese), dà via a un’insurrezione contro il governo centrale yemenita. Questa guerra civile avrà alti e bassi nel corso degli anni a seguire.

Acuendo ancora di più i contrasti interni yemeniti, gli abitanti del sud chiedono nuovamente, tramite una protesta pacifica, la secessione e la formazione di un proprio stato, questa richiesta però verrà brutalmente repressa dalle forze governative. Due anni più tardi gli sciiti tornano alla carica superando anche il confine a nord con l’Arabia Saudita, ma il loro assedio verrà fermato un anno dopo con un patto di cessate-il-fuoco con il governo yemenita.

Nel 2011 gli abitanti dello Yemen del sud iniziano una nuova rivolta con lo stesso scopo della precedente durante la quale interverranno anche gli Huthi per appoggiare le dimostrazioni degli yemeniti meridionali che chiedono le dimissioni del presidente Saleh, il quale si appresterà a farlo,lasciando il potere al suo ex vicepresidente Hadi. sfruttando la confusione creatasi da questo avvicendamento, gli Huthi si impadroniranno di una piccola cittadina yemenita del nord conquistando così dei territori strategici. Un anno più tardi gli sciiti boicotteranno le elezioni con l’obiettivo di far vincere le elezioni a Hadi; ma questo creerà dei conflitti tra il presidente e il resto della popolazione perché questa non accettò la troppa influenza degli Huthi sul nuovo eletto.

Per contrastare questi conflitti gli Huthi scenderanno armati nella capitale dello Yemen, la città di Sana’a conquistandola nel 2014.

Nel 2015 il presidente in carica, Hadi, scappa dalla città di Sana’a controllata dagli sciiti per rifugiarsi nella ex capitale del sud Aden, nella quale, tramite un discorso televisivo, rivendica i territori sotto il controllo degli Huthi e gli ricorda che è ancora lui il presidente.Ma l’avanzata e il potere degli Huthi crescono e Hadi si rifugia a Riad dove ottiene appoggio militare della monarchia Saudita, dell’Egitto, del Sudan, del Marocco e della Giordania.

In seguito a questa notizia gli sciiti ottengono una alleanza con l’Iran ricevendo armamenti e assistenza medica.

Il 19 marzo gli Huthi attaccarono Aden (La nuova capitale provvisoria) ma vengono respinti dall’esercito di Hadi e sono costretti a ritirarsi a Sana’a, rispondendo a questa sconfitta con un bombardamento di rappresaglia contro il palazzo presidenziale della nuova capitale temporanea di Aden. Questo fatto segna l’inizio ufficiale della guerra.

Il giorno seguente 20 marzo 2015, in risposta all'offensiva sciita verso sud, furono eseguiti due attentati terroristici contro le moschee sciite di Sanaa e Sada, che causarono la morte di 145 civili sciiti. Il 22 marzo, le milizie Huthi, avanzarono verso sud e occuparono l'importante città di Taizz (terza città dello Yemen per grandezza) incontrando scarsa resistenza. Il 24 marzo, in risposta alle voci che l'Arabia Saudita sarebbe potuta intervenire in Yemen, il comandante degli Huthi, Ali al-Shami, ventilò la minaccia di invadere il Paese, non soltanto fino alla Mecca, ma fino a Riyadh.

La notte tra il 25 e il 26 marzo, l'Arabia Saudita iniziò un intervento militare a fianco di otto altri Stati arabi e con il supporto logistico degli Stati Uniti contro gli Huthi, bombardando le loro posizioni in tutta Sana'a.

Prima tregua

Il 10 maggio un cessate il fuoco di cinque giorni proposta dall’Arabia Saudita fu accettato dagli Huthi e dai loro alleati, con lo scopo di consentire la distribuzione di aiuti umanitari alla popolazioni, purtroppo al quarto giorno di tregua scoppiarono dei combattimenti nel sud del paese che portarono ad un bilancio di 50 vittime.

Seconda tregua

L'8 dicembre 2015 si giunse a un accordo per colloqui di pace a Ginevra ed una tregua sul campo nei giorni 14-21 dicembre . Le delegazioni del governo di Hadi, degli Huthi e del Congresso Generale del Popolo arrivavano a Ginevra. Nel quarto giorno della tregua (18 dicembre), le forze filogovernative avanzarono nel governatorato di Sana'a, riconquistando le città di Al Hazm e Harad, e in seguito Gebel al-Salb, giungendo in vista di Nihm, a 40 km dalla capitale dei ribelli Sana'a. I combattimenti tuttavia ripresero, nonostante l'appello dell'ONU per un cessate il fuoco permanente. Gli Huthi impedirono la fornitura di aiuti umanitari a un ospedale nella città assediata di Ta'izz e l'ex presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh dichiarò di rifiutare ogni ulteriore dialogo con il presidente Hadi, e di voler proseguire i negoziati esclusivamente con l'Arabia saudita.Il 29 dicembre, il Kuwait annunciò l'invio di truppe di terra .

Terza Tregua

A marzo 2016, gli Huthi iniziarono accordi bilaterali con l'Arabia saudita. L'8 marzo, una delegazione degli Huthi si recò in Arabia saudita per prendere parte a negoziati bilaterali, che portarono a un primo scambio di prigionieri. L'Iran annunciò la propria disponibilità a sostenere i ribelli , che tuttavia rifiutarono ogni ingerenza iraniana. Nonostante la tregua tra gli Huthi e la coalizione saudita, l'esercito governativo del presidente Hadi continuò nei giorni seguenti ad attaccare gli Huthi. Il 26 marzo, nell'anniversario dell'inizio dell'intervento saudita in Yemen, gli Huthi organizzarono una grande manifestazione di protesta anti-Saudita a Sana'a, mentre l'ex presidente 'Ali 'Abd Allah Saleh dichiarò di voler effettuare un accordo di pace con i sauditi.

Ripresa dei combattimenti

Il 9 agosto 2016 la coalizione saudita riprese i bombardamenti contro gli Huthi, causando la chiusura dell'aeroporto della capitale Sana'a. Il 29 agosto l'organizzazione dell’ISIS eseguì un attentato suicida ad Aden, che causò 71 morti e 98 feriti tra le nuove reclute dell'esercito governativo. Nei giorni seguenti fu fermato dal governatore di Marib un carico di armi destinato ai ribelli Huthi, proveniente dall'Iran attraverso l'Oman e l'Hadramawt. Tra il 24 agosto e il 24 settembre 2016 vi furono inoltre diversi bombardamenti statunitensi con droni, che uccisero 23 membri di Al-Qaida.

Quarta tregua

Il 6 dicembre 2018 iniziarono colloqui di pace a Stoccolma tra governativi e ribelli Huthi, che portarono il 13 dicembre ad un accordo per un cessate il fuoco di sei mesi, che prevedeva anche il ritiro delle truppe dal porto di al-Hudayd, sotto la supervisione di un comitato dell'ONU.

Questa guerra fino ad ora ha portato ad oltre 16.000 vittime nello stato dello Yemen e 500 in Arabia Saudita, più di 40.000 feriti e più di 3 milioni di sfollati. Una situazione tragica, che purtroppo non sembra migliorare per via dei continui attacchi da parte degli Huthi ai mezzi o persone che offrono aiuto per le persone bisognose, oppure in via più diretta, attaccando ospedali, in modo da non permettere a nessuno di curarsi anche se in fin di vita. Gli abitanti dello Yemen da più di 3 anni “vivono” in queste condizioni disumane.

 

Alessandro Feduzzi, III C LSA